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LICANTROPIA

Licantropia italiana




Il termine "licantropo" deriva dal greco e significa uomo-lupo. In Arcadia la trasformazione di uomini in lupi avveniva sotto l’influsso del dio Licaone, durante le misteriose, terribili cerimonie che si svolgevano sul monte Liceo. Per ‘guarire’ dalla licantropia era necessario evitare di nutrirsi di carne umana per nove anni. In Tessaglia le streghe e gli stregoni del monte Omola avevano la prodigiosa facoltà di cambiare le loro forme in quelle di lupi. A Roma, sul colle Palatino, la licantropia derivava da Luperco, il grande dio dei pastori e dei maghi. Francesco d’Assisi, il santo selvaggio del Cristianesimo, è riconosciuto dal lupo, che non lo aggredisce. La mitologia medievale è ricca di uomini-lupi. Nell’opera The Werewolf del 1933, il grande studioso di folklore Montague Summers pone in rilievo il progressivo oblio della figura del lupo mannaro in Italia, tracce della cui tradizione sono rimaste prevalentemente nel Centro-Sud. In una leggenda abruzzese è detto che il posseduto dalla maledizione del lupo deve conservare sempre un secchio d’acqua pura (meglio se di sorgente) oltre la soglia di casa, perché solo bagnandosi può evitare la metamorfosi o riacquistare forma umana. Nei nostri tempi, così lontani dal fascino romantico di queste favole, si hanno ancora sporadiche testimonianze di incontri con i licantropi. A Pontremoli, sulle strade del Piagnaro, si incontrano lupi mannari in compagnia di cani selvaggi. Sulle colline di Chiavari e Lavagna (Genova) è stato visto più volte, nelle notti di luna piena, un uomo-lupo dagli occhi di brace e dalle zanne acuminate. In Irpinia queste creature della notte si chiamano "lupenari"; in Sicilia "luponari"; in Calabria "lupi minari". In val di Pesio, nel cuneese, è ancora nella memoria degli anziani la leggenda del Luv Ravas, gigantesco e spietato licantropo ululante, parente stretto del Loup Ravart delle valli valdesi.
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VAMPIRI A TRANI

VAMPIRI A TRANI. "Vampiri" nell’antica Trani. E ciò che hanno sospettato archeologi e antropologi di fronte alle due sconcertanti tombe iapigie emerse a Capo Colonna. Qui qualcosa di unico nella storia degli scavi in Puglia - nonché della ritualità funebre antica - si è parato davanti agli occhi dell’archeologa Ada Riccardi della Sovrintendenza. Nella sepoltura più piccola era deposto un cadavere in posizione prona, inginocchiato, schiacciato da un lastrone piazzatogli sulla spalla; nel secondo sepolcro, invece, tre erano i defunti, anch’essi inumati, ognuno con un proprio masso addosso.

Lo scavo è stato condotto dalla Riccardi nel 2001. Ma la notizia, per evidente cautela, non era trapelata finora.

Durante gli scavi precedenti effettuati negli anni ‘70 a Capo Colonna, la penisoletta di Trani dove sorge il bel Monastero che sarà sede museale, non erano emerse sepolture: si trovarono invece tracce di insediamenti dell’età del Bronzo e anche fondi di capanna dell’età del Ferro, delimitate da un fossato. Furono recuperati reperti tardo-elladici e micenei (secondo la testimonianza dell’archeologo di allora: ma nessuno li ha mai visti, né sembra siano stati mai pubblicati!). Lo scorso anno però si ripresero le indagini in una zona limitrofa e riaffiorarono strutture di ambienti, con un cortile che doveva essere in origine lastricato (lo si deduce dal "vespaio" di ciottoli di mare disseminati, che avrebbero dovuto formare il sottofondo). Le pareti di questo edificio presentavano una originalità. i paramenti esterni dei muri erano costituiti da lastroni infissi verticalmente nel terreno. Una tecnica costruttiva mai attestata per l’antica Peucezia (o per la Daunia, visto che Trani allora sorgeva sul confine tra queste due popolazioni). D’altronde si doveva trattare, quasi certamente di un luogo di culto.

In questi ambienti sono riaffiorati frammenti di ceramica iapigia (un’olla ed altri cocci di vasi) che rimandano a una decorazione tipicamente daunia. Stravagante è il disegnino di uno dei frammenti, che raffigura un bipede con una voluminosa cresta, nonché una lunga coda da rettile. Il loro "stile" indica con ogni verosimiglianza la datazione dell’intero insediamento e quindi delle tombe. Tutto dunque farebbe pensare alla fine del IX o all’inizio dell’VIII secolo avanti Cristo.

Una fossa circolare fu scavata accanto alla parete dell’edificio maggiore. A che cosa servisse? Resta per ora una domanda senza risposta; e ancora più intrigante è aver constatato che nell’interno del pozzetto fossero stati infisse delle pietre. Certo un rito, di cui ci sfugge il senso.

Tuttavia il culmine del mistero di questo scavo a Capo Colonna non è certo la fossa, quanto le due tombe: che di per sé costituiscono una eccezionalità per questa epoca. Una di esse è all’interno all’edificio, l’altra, più piccola, è esterna, si direbbe nel "cortile".

Come si è detto, in quest’ultima sepoltura fu deposto - ben duemila e ottocento anni fa - un uomo in una posizione ben strana: quasi inginocchiato, prono, con addosso un lastrone. Identica fine fu riservata ai tre defunti ammassati nella tomba più vasta, anch’essi seppelliti con un macigno addosso. Il primo è un adulto maschio - ci dice il prof. Vito Scattarella del Dipartimento di Zoologia, sezione Antropologica dell’Università di Bari, che con il dottor Sandro Sublimi Saponetti stanno studiando i resti ossei. Gli altri sono due adulti dai venti ai quarant’anni e un ragazzo di quindici anni. L’indagine prosegue, ma nessun segno traumatico è ancor apparso sulle ossa: il che escluderebbe, per ora, una morte violenta, inflitta loro dalla comunità, che pure volle punire questi morti per l’eternità.

Che si trattasse di sepolture di reietti era emerso da vari indizi: non solo l’imposizione dei massi, ma anche la mancanza di qualsiasi elemento a corredo funebre: neppure un frammentino di ceramica fu adagiato nelle tombe. Eppure i loro corpi non furono lasciati insepolti o gettati in mare. Oltre al sasso, i corpi furono coperti da terreno, e le tumulazioni furono sigillate con un lastrone di pietra. È quasi esplicita in un siffatto rituale la volontà di impedire ai defunti un ritorno tra i vivi. E a un fenomeno di "vampirismo" hanno pensato gli antropologi baresi Scattarella e Sublimi. Le deposizioni di Trani, pur essendo uniche in Italia, hanno dei riscontri con altre scoperte dagli archeologi nel nord della Grecia: fu la studiosa greca Anastasia Tsaliki (ora docente in Inghilterra) a rivelare in alcuni congressi di antropologia la permanenza di rituali funebri di questo genere, dall’età neolitica fino ai giorni nostri. Il masso imposto al defunto doveva impedire che, egli tornasse a portare scompiglio nella comunità dei vivi. Naturalmente quando si parla di "vampirismo" non ci si vuol riferire al mondo dell’orrore, come lo intendiamo oggi. E tuttavia questi trapassati dovevano essere affetti da morbi connessi con la manifestazione del sangue, sostengono gli antropologi: quali la fotofobia, la porfiria, la tubercolosi polmonare, la rabbia ecc...

Su quali fonti letterarie o documentali dell’antichità si basi questa convinzione, non è dato ancora sapere con precisione. Ma certo, l’indagine non finisce qui, e di queste sepolture si continuerà a parlare.

Macigni, ritorni dal mondo dei morti… Un nesso non nuovo: il più immediato riscontro che il mito può fornirci - se vogliamo stare al gioco - è quello di un celebre "revenant": Sisifo. L’astuto fondatore di Corinto, che aveva incatenato la Morte, e una volta defunto aveva ingannato anche gli dèi degli inferi ed era tornato a vivere (uno dei rarissimi casi di "zombi" nel mito) fu punito con un masso da sospingere per l’eternità. Perché aveva osato l’impossibile "ritorno".

La coincidenza

Qui Davanzati scrisse nel ‘700 il suo trattato "sopra i vampiri".

È solo una coincidenza. Ma è stravagante che si parli di "vampirismo" nell’antica Trani, nella città in cui fu "incubato" - duemilacinquecento anni dopo l’inumazione di questi defunti iapigi - il primo trattato completo sui "revenants": quella "Dissertazione sopra i vampiri" scritta nel 1739-40 da Giuseppe Davanzati, che di Trani era in quegli anni arcivescovo e vi mori nel 1755 (era nato a Bari nel 1665). La "Dissertazione" era un’anatomia completa e illuministica non solo del diffuso fenomeno del vampiro, ma di tutto il luna park dell’orrore. Pubblicata postuma nel 1774 dal nipote Forges Davanzati, è stato riproposta nel 1998 da Besa editrice.
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IL CONTE CAGLIOSTRO


Giuseppe Balsamo alias Cagliostro nato nel 1 743 e morto 1795, fu un avventuriero italiano, falsario, mago, filosofo, medico, e guaritore. Poco dopo la sua nascita a seguito della morte di suo padre fu accolto in un orfanotrofio di san Rocco e a causa del suo carattere ribelle fu affidato al Convento dei Fatebenefratelli dove cominciò cominciò il suo percorso di conoscenza cominciando dalle proprietà delle erbe medicinali, ma  ben presto scappò anche dal Convento. La vita di Cagliostro fu costellata da imprese criminose e più volte infatti si trovò a dover fuggire alla giustizia, falsario di documenti, risse e truffe erano le sue attività predilette.
Grazie al suo fortissimo interesse per l’ alchimia e per le scienze occulte, in breve tempo riuscì ad acquistare gran fama, conosciuto per le sue arti di negromante e guaritore fondò la “massoneria di rito egizio”, secondo Cagliostro lo scopo del Rito Egizio consisteva nella rigenerazione fisica e spirituale dell’uomo.Attraversò l’ Egitto, la Persia e parecchi paesi Europei, l’ Africa e l’ Asia dove vantandosi delle sue conoscenze e dichiarando di possedere misteriose e fantastiche capacità riuscì a conquistare l’amicizia di personaggi importanti quali re e principi.  Tra le varie malefatte Cagliostro s’ interessò anche a qualche buona azione, sembra infatti che predisse a Maria Antonietta la Rivoluzione del 1789 (Rivoluzione Francese) ma cosa più importante si dedicò alla guarigione degli infermi in particolar modo ai più bisognosi. Fu proprio a seguito di una guarizione che Roma che fu condannato a morte accusato di stregoneria dall’Inquisizione per aver guarito inspiegabilmente Papa Pio VI , e fu proprio il Papa a cui aveva salvato la vita che decide di graziarlo annullando l’esecuzione ed imprigionandolo nella Rocca di San Leo in Romagna dove nel 1795 a soli 52 anni morì, fu sepolto senza cassa e sotterrato e senza alcun rispetto e nessun riguardo, solo nel 1797 Cagliostro riuscì ad avere una decorosa sepoltura quando le truppe polacche alleate della Francia conquistarono la Rocca e liberando i prigionieri trovarono il cadavere.  Nonostante la sua vita travagliata e disordinata Cagliostro rimane uno dei personaggi più affascinanti ed emblematici del ‘700 . Si dice che il suo spirito sia sempre presente che continui a comunicare grazie a dei medium, che sceglie per tramandare e divulgare i suoi messaggi e le sue arti. A Brescia c’è una medium che si fa chiamare LA CONTESSA DI CAGLIOSTRO, secondo i suoi racconti fu proprio Cagliostro a mettersi in contatto con lei utilizzando come canale un amico che stava avendo un transfer, dalla bocca di questa persona uscirono queste parole : ” Fanciulla, io sono il Conte di Cagliostro, medium del 700, se tu vorrai avere fortuna e forza, dovrai portare a San Leo tre rose rosse e tre rose bianche.” e da quel momento iniziò la sua missione. Cagliostro durante le sedute s’impossessa della mano della medium e lei per mezzo della scrittura automatica comunica i suoi messaggi.
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IL MALLEUS MALEFICARUM

Questo è il più conosciuto (il più infame), manuali della caccia alle streghe. Scritto in latino, il Malleus è stato presentato in primo luogo presso l’Università di Colonia il 9 maggio 1487. Il titolo è tradotto come “Il Martello delle streghe“. Scritto da Henry James Sprenger e Kramer (di cui poco si sa), il Malleus è rimasta in uso per un periodo di tre anni. Il manuale aveva un enorme influenz...a nella caccia alla strega, in Inghilterra e sul continente. Questa traduzione è di dominio pubblico. Il Malleus è stato utilizzato come un libro giudiziario per l’individuazione e la persecuzione delle streghe, precisando le norme di prova e le procedure canoniche della persecuzione alle streghe, che sono state torturate e messi a morte. Migliaia di persone (soprattutto donne) sono stati uccisi dal tribunale a seguito delle procedure descritte in questo libro, da chi aveva una strana voglia sul corpo, che viveva da solo/a, la malattia mentale, la coltivazione di erbe medicinali, o semplicemente perché sono stati falsamente accusati (spesso per guadagno finanziario da parte della accusatore). Il Malleus serve a far capire al mondo moderno, come uno scritto possa dare un avvertimento su ciò che accade quando una società assume l’intolleranza .

CONTESTO

Il Malleus non nasce, come alcuni erroneamente ritengono, dalla volontà espressa da Innocenzo VIII attraverso la bolla Summis desiderantes affectibus del 1484, che dava ai due frati pieni poteri, in alcune regioni della Germania, di svolgere incontrastati la loro opera di inquisitori contro il delitto di stregoneria. In realtà gli autori del più famoso manuale antistregonico, posteriore di tre anni rispetto alla bolla papale, utilizzarono tale bolla (totalmente avulsa dal manuale) per riuscire ad imporre una visione fino a quel momento molto personale della stregoneria e del modo per contrastarla. Oltre alla bolla papale, riprodotta in apertura dell'opera, il Malleus Maleficarum era introdotto da un testo, una Approbatio attribuita ad una commissione di teologi dell'Università di Colonia; si trattava di un falso (prodotto con la connivenza di un notaio compiacente) che solo in tempi recenti è stato smascherato come tale, ma che all'epoca contribuì a dare al trattato l'imprimatur di opera teologicamente ineccepibile.
Il Malleus rimase, fino alla metà del XVII secolo, il più consultato manuale della caccia alle streghe (sia da parte degli inquisitori cattolici, sia dei giudici protestanti), poiché spiega proposizione per proposizione come comportarsi in ogni singola occasione. Il testo però non esprime nulla di nuovo, semplicemente raccoglie una serie di pensieri pregressi sul fenomeno della stregoneria e, soprattutto, sul pensiero negativo della donna, invero, ci sono più streghe che stregoni, secondo gli autori, perché le donne sono mas occasionatus. Un pensiero aristotelico dunque, che viene ripetuto, in maniera ridondante, attraverso citazioni continue di Aristotele e Sant'Agostino, nonché di molti altri Testi Sacri.
All'epoca in cui fu pubblicato il Malleus vi erano molte eminenti personalità, anche in seno alla comunità cattolica, che dubitavano dell'esistenza delle streghe, considerando tali credenze delle mere superstizioni, ma ve ne erano altrettante che invece credevano nei poteri soprannaturali di maghi, streghe e stregoni; poteri donati dal diavolo. A riprova di ciò nel Malleus i due frati Domenicani rimproverano aspramente tutti coloro, soprattutto religiosi, che minimizzano il fenomeno delle credenze popolari reputandole superstizioni, mettendo a tacere il dissenso addirittura nella prima proposizione: affermare l'esistenza degli stregoni è così cattolico al punto che affermare ostinatamente l'opposto [è] eretico? Per loro, sembrerebbe di sì. Il Malleus Maleficarum non fu mai adottato ufficialmente dalla Chiesa cattolica, ma non fu neppure mai inserito nell'indice dei libri proibiti, mentre lo fu ad esempio il Manuale dell'inquisitore di Eliseo Masini, o la successiva Demonomanie des sorciers di J. Bodin che al Malleus, per molti aspetti si rifaceva . Riscosse i consensi della quasi totalità degli inquisitori e autorevoli ecclesiastici, nonché di giudici dei tribunali statali sive secolari, tanto che ne vennero pubblicate trentaquattro edizioni e oltre trentacinquemila copie impresse anche in edizione tascabile, secondo libro stampato dopo la Bibbia . L'immediata e durevole popolarità di questo libro contribuì a scalzare l'autorevolezza di un precedente testo di riferimento per i casi di stregoneria: l'antico Canon episcopi che comunque, datato secoli prima, non risultava importante ai fini della caccia alle streghe. La proporzione di testi scritti da ecclesiali contro le superstizioni e di testi scritti per confermare l'esistenza di streghe, stregoni e maghi è di circa 1 contro 70 dai titoli tutt'oggi esistenti.
 
CONTENUTO

In questo testo la presenza di materiale originale è esigua: si tratta per lo più di una codificazione di credenze preesistenti, spesso estrapolate da testi più antichi quali il Directorium inquisitorum di Nicolas Eymerich (1376) e il Formicarius di Johannes Nider (1435). La lettura del testo, ai giorni nostri, può risultare ostica, poiché alcune posizioni vengono espresse senza argomentazioni. Bisogna però storicizzare il contesto e riflettere che alcune posizioni - per noi assurde - per i contemporanei erano un dogma quotidiano, non deve sorprendere dunque leggere di casi dove la condannata andò a morte molto volentieri, affermando che, anche se avesse potuto essere liberata, avrebbe ugualmente prediletto la morte, pur di sfuggire al potere del diavolo. Le streghe esistono. Il diavolo anche. Ne erano convinti tutti. Il libro è diviso in tre parti. La prima parte affronta la discussione della natura della stregoneria. Parte di questa sezione spiega perché le donne, a causa della loro debolezza e a motivo del loro intelletto inferiore, sono per natura predisposte a cedere alle tentazioni di Satana. Il titolo stesso del libro presenta la parola maleficarum, (con la vocale femminile) e gli autori dichiarano (erroneamente) che la parola femina (donna) deriva da fe + minus (fede minore). Il manuale sostiene che alcuni degli atti confessati dalle streghe, quali ad esempio le trasformazioni in animali o mostri, sono mere illusioni indotte dal Diavolo, mentre altre azioni, come ad esempio la possibilità di volare ai sabba, provocare tempeste o distruggere i raccolti sono realmente possibili. Gli autori, inoltre, si soffermano con morbosa insistenza sulla licenziosità dei rapporti sessuali che le streghe intratterrebbero con i demoni. La seconda parte riprende molte posizioni espresse nella prima e le approfondisce (non senza citazioni dello stesso testo) nel tentativo di far comprendere il modo di fare le stregonerie e il modo in cui si possono facilmente eliminare. L’ultima parte si occupa di fornire istruzioni pratiche sulla cattura, il processo, la detenzione e l’eliminazione delle streghe. Nel testo si discute anche di quanta fiducia si debba riporre nelle dichiarazioni dei testimoni, le cui accuse sono spesso perpetrate per invidia e malizia (sempre però con il permesso di Dio, che permette la malvagità per sua gloria); tuttavia gli autori affermano che i pettegolezzi pubblici sono sufficienti a condurre una persona al processo e che, anzi, una difesa troppo vigorosa da parte del difensore è prova del fatto che anche quest'ultimo è stregato. Il manuale fornisce indicazioni su come evitare che le autorità siano soggette alla stregoneria e rassicura i lettori sul fatto che, in quanto rappresentanti di Dio, i giudici sono immuni dai poteri delle streghe. Largo spazio è dedicato all'illustrazione di tecniche di estorsione delle confessioni e alla pratica della tortura durante gli interrogatori: in particolare viene raccomandato l’uso del ferro infuocato per la rasatura dell’intero corpo delle accusate, al fine di trovare il famoso marchio del Diavolo, che ne proverebbe la colpevolezza. Il Malleus, nella sua oggettiva follia, si presenta filosoficamente e teologicamente inattaccabile, invero, le proposizioni esposte sono "corrette" e cattoliche. Il testo quindi va letto in chiave psicoanalitica, interpretando la sessualità femminile nel transfert degli inquisitori. Non a caso il manuale viene oggi usato come testo di riflessione nell'ambito della semiotica, della psicoanalisi e della filosofia morale.
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L'UOMO E L'ALDILA'

In effetti in mezzo a noi vivono, in un numero incalcolabile ed invisibili ai più, i disincarnati che si trattengono sul nostro pianeta in attesa di raggiungere la loro definitiva destinazione nelle superiori sfere del mondo astrale.

LA PRIMA SFERA
Sulla prima sfera del mondo astrale, la quale non è altro che la controparte astrale del piano fisico sul quale viviamo, sostano quegli esseri umani disincarnati i quali sono ancora attratti dal mondo nel quale vissero.
Di solito non hanno fissa dimora, di qui la denominazione di "anime erranti". Si possono aggirare nei pressi dei luoghi che li videro in vita, oppure vagare da un luogo all'altro, presi dal desiderio di fare nuove esperienze nelle nuove condizioni di esistenza e di conoscere paesi lontani.
Alcuni preferiscono condurre un'esistenza solitaria, altri sono associati in gruppi, secondo la legge di affinità, altri ancora possono cercare la compagnia degli umani incarnati. Ciò può avvenire per il desiderio di essere ancora presenti in mezzo ai propri cari, oppure per il bisogno di soddisfare sensazioni e bramosie mediante il corpo astrale degli incarnati.
È così che, per esempio, una madre di famiglia resterà accanto ai suoi bambini per proteggerli e guidarli fino a quando non saranno in grado di badare a se stessi.
Allo stesso modo, ma per altro motivo, l'alcolizzato, una volta privato del suo corpo fisico, resterà attratto dai luoghi che frequentava e cercherà di impossessarsi dell'astrale di coloro che praticano bettole ed osterie, onde tentare di riprovare quelle sensazioni che gli procurava l'alcool.
Da un certo punto di vista la popolazione terrestre potrebbe essere distinta in una popolazione permanente di esseri umani incarnati ed in una popolazione temporanea, assai più numerosa, di esseri disincarnati. Questi ultimi si possono trattenere sul piano fisico poche ore o molti anni, a seconda del loro grado di attaccamento ai luoghi e/o alle persone. È un periodo di transizione che dura finché il trapassato non sente il bisogno di rispondere alla chiamata dei mondi superiori. Noi non siamo sempre consapevoli della loro presenza, ma solo perché non prestiamo sufficiente attenzione ai mille segni che ci giungono dal mondo parallelo nel quale siamo immersi.
Le onde mentali e quelle psichiche sono i veicoli attraverso i quali siamo costantemente in comunicazione, anche in modo inconscio, sia con i nostri simili incarnati, sia con quanti ci hanno preceduto. Se stessimo un po' più attenti al modo con cui sorgono in noi improvvisi pensieri e/o inaspettati sentimenti, saremmo in grado di dare la giusta interpretazione a certi impercettibili segni: essi sono veri e propri messaggi che spesso risolvono angosciosi problemi e situazioni difficili in merito alla salute, al lavoro, agli affetti, ecc. Padre François Brune, nel suo libro: "I morti ci parlano" riporta un episodio al quale ritengo opportuno accennare perché assai significativo in rapporto a quanto ho appena affermato. Georges Morranier era un giovane insegnante di fisica alla facoltà di scienze il quale, all'età di 29 anni, nel settembre del 1973, si tolse la vita. Aveva intrapreso un cammino di vita interiore, che lo aveva portato a praticare lo yoga reale, senza una guida e senza un'adeguata conoscenza della tecnica. A seguito di ciò dapprima fu preso da indifferenza per la vita, poi finì col cadere, a poco a poco, in uno stato di profonda depressione: in breve, si aggravò a tal punto da restare vittima della sua mania suicida.
Con quel gesto, dovuto unicamente alla sua follia, egli abbreviò la vita del suo corpo fisico, ma non fu così per il suo corpo animico, la cui carica vitale residua lo mantenne legato alla terra per tutto il tempo previsto dal programma di vita che il suo ego aveva accettato al momento della nascita.
Infatti, tramite la medianità di sua madre, egli ci comunica le sue prime esperienze dopo il trapasso, che sono quelle di un abitante invisibile del pianeta Terra. Inoltre traccia lo schema evolutivo del mondo animico, che si articolerebbe in sette livelli (o sfere), confermando in ciò quanto abbiamo già visto per altra via. La settima sfera sarebbe riservata a coloro che in vita si dedicarono a Dio: i religiosi, gli asceti, i mistici di tutte le religioni. Già dalla quinta sfera si beneficherebbe dell'insegnamento delle guide superiori. Subito dopo il trapasso, egli trasmette alla madre le sue prime impressioni e le inevitabili difficoltà inerenti alla necessità di doversi muovere con un corpo animico invisibile in un mondo fatto di materia fisica densa. Egli descrive così queste sue prime esperienze:
"Prima di tutto bisogna imparare a tenersi in piedi, poi a camminare, come i neonati sulla terra. All'inizio facciamo dei salti, come in assenza di gravità, come gli astronauti sulla Luna... e poi impariamo a sederci sulle vostre sedie, perché noi non ne abbiamo. E qui c'è veramente da ridere perché, come puoi ben immaginare, cadiamo per terra. Tutto quest'apprendistato si compie in poco tempo, soprattutto quando si è neofiti intelligenti".
Più avanti ribadisce il concetto di essere rimasto a condividere con gli umani incarnati, la vita sulla Terra.
"Vorrei spiegarti ciò che molti terrestri non capiscono, vale a dire che noi viviamo con voi... Viviamo nei vostri appartamenti e nelle vostre case, ci stendiamo sui vostri letti quando ne abbiamo voglia e quando voi non ci state... ci sediamo sulle vostre poltrone e sulle vostre sedie, e intratteniamo gioiosi conciliaboli soprattutto mentre dormite, un momento che ci lascia piena libertà di azione... vi ascoltiamo mentre discutete, vi guardiamo vivere con gioia distaccata... vi aiutiamo con la forza del pensiero, a volte con un intervento, non percepito da parte vostra, ma efficace. È il nostro compito, ma è anche una vera gioia..." (1)
Questo messaggio si presta ad alcune considerazioni. È vero che trattasi di suicidio ma, a differenza dei casi che vedremo in seguito, qui ci troviamo di fronte al caso tipico di un soggetto che è del tutto irresponsabile, affetto da mania suicida e quindi non più nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Ciononostante un equilibrio è stato spezzato e la Legge cosmica dell'Armonia esige che l'equilibrio sia ristabilito. È per questo motivo che il trapassato compie la sua prima evoluzione sul piano fisico, sul quale sarebbe dovuto restare a vivere col suo corpo fisico chissà quanti anni ancora, ma non in sofferenza, bensì con il compito gioioso di portare aiuto ai fratelli incarnati, con i quali egli divide la vita d'ogni giorno e di ogni notte. Del resto, nello stesso messaggio, Georges ci fa sapere che si tratta di un percorso reciproco, perché anch'egli riceve aiuto dai viventi:
"Le persone... che ci aiutano... ci parlano esattamente come se fossimo ancora sulla terra. Le sentiamo perché hanno delle voci del tutto udibili e, del resto, constatiamo presto che anche noi abbiamo una voce". 
Quando si parla di "sfera astrale", non si deve pensare ad una sorta di pianeta fluidico in cui la vita si svolge in modo omogeneo con le stesse caratteristiche in ogni suo luogo. È in realtà uno stato di coscienza le cui caratteristiche animiche possono variare da un sito ad un altro e spesso anche con notevoli varianti. È un po' quanto avviene nelle grandi città della terra in cui, oltre ai quartieri signorili, sono presenti le zone popolari o, addirittura, rioni malfamati dove prospera la malavita. Il cosiddetto "basso astrale", o Kama Loka, è appunto una suddivisione della prima sfera che si distingue per il fatto che comprende quello stato intermedio attribuito da tutte le grandi religioni al purgatorio, dove l'uomo, dopo il trapasso, dimora temporaneamente, nell'attesa di raggiungere il suo "Cielo". È una vasta regione che si può pensare delimitata da un confine superiore, che è quello rappresentato dalla controparte astrale del piano fisico, e da uno inferiore, dal quale si accede all'Erebo, o Inferno
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