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IL FANTASMA DI "SENZ'AFFANNI"

Il Monumento naturale di Galeria Antica è un'area naturale protetta del Lazio istituita nel 1999. Occupa una superficie di 40 ha nella provincia di Roma nei pressi di Santa Maria di Celsano. Galeria Antica è una città fantasma usata talvolta come set cinematografico per la conservazione dell'impianto medievale e la relativa vicinanza a Cinecittà. È stata riconosciuta come Monumento Naturale dalla Rete Natura 2000 ed è affidata in gestione a RomaNatura, seppure si trovi in stato di degrado per problemi di attribuzione dei lavori di ripristino. Esistono, in base alle fonti pervenuteci, due versioni differenti riguardo alla nascita della città. La prima afferma che la città fu fondata dall'antico e sconosciuto popolo dei Galerii. La seconda, e più probabile, afferma invece che la città fu fondata nel periodo di dominazione etrusca, ciò è riconducibile dalla presenza di alcune necropoli di chiara fattura etrusca. Gli etruschi battezzarono questo luogo col nome di "Careia" e fungeva come avamposto di guardia per i territori meridionali, tra Veio e Cerveteri. Il dominio etrusco fu spezzato dalla conquista dei romani, come testimoniano alcune costruzioni dai contorni tipicamente romani come gli archi a sesto acuto e le costruzioni ad “opus incertum”, ritrovate nella città. Galeria decadde e venne probabilmente abbandonata nel corso delle invasioni germaniche, per poi essere ripopolata solo nel medioevo. Il papa Adriano I, infatti, nel corso dell’VIII secolo d.C. mirava ad espandere i confini dello Stato pontificio e a consolidare l'area intorno a Roma. Per questo fondò una Domus Cullate proprio a Galeria. Questa costruzione venne poi trasformata in “curtis” dal papa Gregorio IV nell'840 d.C. Poco più tardi, i Saraceni invasero le coste tirreniche e distrussero la città. Galeria fu ricostruita a partire dal XIII secolo grazie alla famiglia Orsini. La città cominciò a rifiorire, ma col passò di mano in mano a molte famiglie importanti dell'Italia rinascimentale. Il declino di Galeria coincise con l'avvento della famiglia Sanseverino. La città mutò il proprio aspetto da centro fortificato a semplice tenuta agricola. Anche la popolazione, naturalmente, risentì di questo profondo cambiamento, infatti si assistette ad una preoccupante riduzione demografica della città. Il calo di abitanti culminò con l'arrivo della malaria durante il XVIII secolo, un'epidemia che infestò l'intero Agro Romano. Galeria fu completamente abbandonata nel 1809. A partire dalla metà del XVIII secolo gli abitanti del luogo iniziarono a morire in modo alquanto misterioso. In base a ricerche recenti, è possibile attribuire tali morti all'epidemia di malaria, che in quel periodo infestava la zona. Ciò che incuriosisce, però, è l'abbandono degli abitanti della città a partire dagli inizi del XIX secolo. La gente del luogo fuggì dalla città con particolare precipitosità, tanto da lasciare non solo gli attrezzi e i suppellettili, ma persino i cadaveri sui carri che avrebbero dovuto seppellire lontano dalla città. I corpi furono rinvenuti qualche anno dopo l'abbandono di Galeria e furono sepolti mezzo secolo più tardi. Gli abitanti che fuggirono da Galeria, poche decine di persone, si trasferirono solo ad un chilometro dalla città e fondarono un nuovo borgo, Santa Maria di Galeria Nuova. Le rovine sorgono su uno sperone tufaceo che confina ad ovest con il fiume Arrone. Lo sperone ha una forma pressoché quadrangolare e in tempi passati costituiva un’ottima difesa naturale. Dopo l'abbandono del 1809, la vegetazione ha preso il sopravvento su tutta l'area dove un tempo sorgeva la città fortificata, creando un ecosistema unico nel suo genere. L’archeologo inglese Thomas Ashby, che visitò le rovine tra il XVIII e il XIX secolo, descrisse il luogo come "uno dei luoghi più belli da visitare per coloro che amano gli angoli isolati nelle vicinanze di Roma" per via della "pittoresca desolazione delle sue strade, semiricoperte di vegetazione e dei suoi edifici sgretolati". Sullo sperone di tufo sorgono molte case, completamente invase dalla vegetazione, che un tempo costituivano il cuore pulsante di Galeria. All'interno della città, durante il medioevo, sorgeva un castello andato distrutto, di cui però restano alcune macerie. Annessa al castello c'era la Chiesa di San Nicola, di cui possiamo ancora ammirare il campanile risalente dal XVIII secolo, che rappresenta tutto quel che rimane della chiesa. Durante l'epidemia di malaria, infatti, la chiesa fu trasformata in un cimitero improvvisato per seppellire i morti. La Chiesa di San Nicola, comunque, non rappresentava l'unica chiesa di Galeria, ne esistevano altre tre. Importante fu la Chiesa di Santa Maria della Valle, conosciuta anche con il nome di Ospedale vecchio, devastata da un fulmine intorno al XVI secolo. La Chiesa di Sant'Andrea andò invece distrutta in un incendio nel 1816, mentre la Chiesa di San Sebastiano venne demolita nel 1600. Non esiste un preciso percorso di visita del borgo, eccetto quello della mulattiera principale che lo attraversa. Altre costruzioni, tra cui il ponte che sovrasta il fiume Arrone a valle del borgo, si trovano sparse e seminascoste dalla vegetazione un po’ ovunque, nei dintorni della zona centrale. L'accesso a Galeria Antica è completamente gratuito e ci si può arrivare attraverso Santa Maria di Galeria. Tuttavia è sconsigliato addentrarsi nelle rovine senza una guida o una particolare conoscenza del luogo. Il territorio, infatti, presenta numerose buche di notevole profondità, spesso nascoste dalla vegetazione. Alcune rovine, inoltre, sono rese inaccessibili per via della loro instabilità. Circola un'antica leggenda che narra la storia di un fantasma di nome “Senz’affanni”. Il fantasma è lo spirito di un abitante del luogo, morto probabilmente durante il periodo della malaria, che torna ogni anno tra le antiche rovine di Galeria, cantando e suonando per la sua amata donna, in sella ad un bellissimo cavallo bianco. Diversi testimoni, infatti, affermano di aver sentito provenire dalle rovine il tipico rumore prodotto dagli zoccoli di un cavallo, accompagnato da un suono simile ad un lamento. Il fantasma si fa vivo principalmente in inverno, durante le piene del fiume Arrone. Gli scettici affermano, invece, che i rumori che i testimoni sostengono di udire sono prodotti in realtà dalle acque dell'Arrone che sbattono sulle rocce, nel punto in cui il fiume attraversa alcune cavità sotto al borgo.

Fonte: Wikipedia
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LA PIETRA FILOSOFALE


Dal XII secolo in poi, gli alchimisti parlarono di un agens necessario alla trasmutazione. Questo agens aveva molti nomi, ma il più conosciuto è “Pietra Filosofale”. Altri nomi sono: polvere filosofale, grande elisir, quintessenza. La pietra filosofale poteva trasmutare i metalli in oro. Nella Grande Opera, la pietra filosofale è l'uomo stesso, essendo egli all'inizio della Grande Opera e alla fine. In generale, la pietra è lo spirito universale, presente in tutto ciò che è stato creato, e quindi anche nello stesso alchimista. Le descrizioni sono molte e non sempre simili. Paracelso la descriveva come fissa e rosso scuro; Berigard da Pisa diceva che il suo colore era quello dei papaveri; Raimondo Lullo diceva che il suo colore assomigliava a quello del rubino; Helvetius sosteneva che fosse di un giallo brillante. Molti alchimisti diedero le loro descrizioni, spesso contraddicendosi l’un l’altro. Khalid lo riassunse così: “La pietra unifica in sé tutti i colori. È bianca, rossa, gialla, blu cielo e verde”. La trasmutazione è un processo altamente personale, e quindi ogni alchimista ne ha un’opinione diversa. Alcuni di loro parlavano di una sostanza fisica. La pietra filosofale è il simbolo dell’uomo perfetto, il risultato finale del lavoro filosofico. Anche se viene spesso associata ad argento vivo e zolfo, la pietra filosofale è difficile da spiegare a parole. Semplicemente, non abbiamo il linguaggio per farlo. 
“Non si è mai capito cosa intendessero i filosofi antichi per pietra filosofale. Non si può rispondere a questa domanda prima di aver capito che gli alchimisti ponevano la loro attenzione su qualcosa di inconscio. Solo la psicologia dell’inconscio può spiegare il segreto. La teoria dell’inconscio ci insegna che fino a quando questa proiezione è diretta su quel qualcosa, rimarrà inaccessibile. Quindi il lavoro degli antichi alchimisti rivela molto poco del segreto dell’alchimia” (Carl Gustav Jung).
Bisognerebbe anche considerare il fatto che gli alchimisti spesso usavano un linguaggio simbolico. I simboli sono un mezzo per trasmettere informazioni, ma questo mezzo richiede un approccio totalmente diverso di comprensione, qualcosa che nella società moderna troviamo difficile.
“Quasi tutti coloro che hanno sentito parlare della pietra filosofale e del suo potere, chiedono dove si possa trovare. Il filosofo dà sempre una duplice risposta. Prima dice che Adamo ha preso la pietra filosofale dal Paradiso e che è ora presente dentro di te, dentro di me e dentro tutti, e che gli uccelli di terre lontane la hanno portata con loro. Poi il filosofo risponde che si può trovare nella terra, nelle montagne, nell’aria e nel fiume. Allora in che modo bisogna cercare? Per me, in entrambi i modi, ma ogni modo ha il suo modo”. (Michael Maier, 1617).
“La pietra filosofale è innanzitutto la creazione dell’uomo da parte di se stesso, vale a dire l’intera conquista del proprio potenziale e del proprio futuro; è in particolare la completa liberazione della propria volontà, che darà il dominio assoluto sull’Azoth e sul regno del magnetismo, vale a dire il potere assoluto sulla forza magnetica universale”. (Eliphas Levi, 19° secolo).
La pietra filosofale è presente anche nelle leggende del Graal. In quel caso si tratta del calice colmo di azioni cavalleresche e buone, che ridonerà fertilità al regno del Re. Il Re in queste leggende è il nostro Sé superiore, il nostro Sé divino, lo Spirito, l’Uomo Celeste o Adamo Kadmon, che è stato relegato giù nel mondo terreno. Trovare questa pietra, o il divino interiore, e lavorare su se stessi per portarlo alla superficie, donerà successo al Palazzo del Re. Wolfram von Eschenbach diceva che il Graal era una pietra preziosa, portatrice di ricchi frutti di Saggezza e Purezza.

La pietra filosofale è spesso messa in relazione alla forza vitale. In alcune incisioni alchemiche, l’acqua scorre da una pietra. La pietra è la pietra filosofale, fonte dell’elisir della vita: “ciò che è come il fuoco ma scorre come l’acqua”. Tutti lo abbiamo dentro di noi. 
Una volta Meister Eckhart incontrò un bel giovane. Gli chiese da dove venisse. “Da Dio”, gli rispose. “Dove lo hai lasciato?”. “In cuori virtuosi”. “Dove vuoi andare?”. “Da Dio”. “Dove lo trovi?”. “Dove ho lasciato tutte le creazioni”. “Cosa sei?”. “Un Re”. “Dov’è il tuo regno?”. “Nel mio cuore”. “Sappi che nessuno condivide questo con te”. “Lo so”. Allora Meister Echkart lo portò nella sua cella: “Prendi qualsiasi abito tu voglia”. “Così non sarei più un Re”. E scomparve. Era Dio stesso. E gli aveva fatto uno scherzo.
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I FANTASMI DELLA SCOZIA


Nessuno ha mai azzardato un censimento dei fantasmi scozzesi, forse perché sarebbe impresa improba: evanescenti presenze che non sempre amano palesarsi sotto il lenzuolo, qui sono davvero dappertutto: nei castelli, nelle case, negli alberghi, nelle brughiere, agli angoli delle strade.
E se per caso qualche augusta magione ne è priva, come Blair Castle, l'avita dimora dei duchi di Atholl, i proprietari sono i primi ad ammetterlo con una punta di sincero rammarico.
Esistono poi leggende che riempiono la storia e le sale di molti castelli; di seguito quelle che conosco.

Glamis CastleDetiene l'oscar dei fantasmi: vanta infatti, oltre a un mostro di famiglia, anche una mezza dozzina di spettri, una famosa stanza segreta, macchie di sangue indelebili, porte che cigolando si aprono da sole anche se chiuse a chiave e altri strani fenomeni.
La ricerca della stanza segreta, che non è ancora stata trovata, ma che si dice nascosta tra le massicce pareti del castello ossessionò anche lo scrittore Walter Scott.
In questa stanza la leggenda vuole che uno dei lord di Glamis avesse giocato a carte col diavolo, in una lunga notte di sabba.
E come potrebbe essere altrimenti, visto che la turrita magione è stata teatro di molte oscure vicende, tra cui l'assassinio di Duncan da parte di Macbeth?
Tra gli "ospiti" più assidui del castello, c'è il grande e barbuto spettro di Lord Crawford, detto "Earl Beardie", che appare di preferenza su una torre disabitata; poi c'è "La Camera dell'Impiccato", visitata dal fantasma di un maggiordomo che proprio lì pose fine ai suoi giorni; una "Signora in Grigio" che appare frequentemente presso una piccola cappella, e anche una "Signora in Bianco", che invece si mostra altrove; e poi c'è anche "Jack the Runner", una terrificante apparizione che corre nel parco solo nelle notti di luna,... e molti altri ancora.
A parte queste piacevolezze, l'antico Glamis Castle (si pronuncia Glams) vanta anche ricche collezioni di quadri, mobili, porcellane e splendidi arazzi, oltre a essere la casa natale della Regina Madre.

Culcreuch CastleE' un albergo di Fintry, delizioso villaggio a pochi km a nord di Glasgow che ha vinto nel 1991 il premio come "villaggio ideale" della Gran Bretagna. Culcreuch resta però pur sempre uno dei più antichi castelli di Scozia ed è giunto sino a noi praticamente intatto dal 1296.
Una delle stanze dell'albergo, la chinese Bird Room, è veramente splendida: comoda informale, intima; di notte però può capitare di venire svegliati da una musica sovrannaturale, una ballata suonata da strumenti ultraterreni: "qualcosa a metà tra un'arpa e una cornamusa", riportano testimoni oculari, anzi auricolari.
Altri, meno suggestionabili, asseriscono che si tratta di rumori provocati dalla numerosa colonia di pipistrelli che abita sotto il tetto del castello: la più grande della Gran Bretagna, secondo il Guinness Book of Records!

Il Passo di KilliecrankieQuesta bella gola boscosa fu teatro di una storica battaglia nella quale le truppe inglesi di Re Guglielmo vennero sconfitte, il 27 luglio 1689, dagli Highlanders in rivolta guidati da Claverhouse, il "Bonnie Dundee" della celebre ballata popolare, nel Visitor center è raccontata con diorami la battaglia e la leggenda del "Salto del Soldato", si dice infatti che un soldato per sfuggire alla cattura saltò con un sol balzo la larga gola del fiume.
Inoltre si dice che qui ogni anno vi avvenga uno strano quanto inspiegabile fenomeno: ogni 27 luglio l'intera zona è percorsa da un misterioso raggio scarlatto, una luce fantasma che però non tutti riescono a vedere.
Il passo, a pochi chilometri da Pitlochry, fa parte di una rete di sentieri pedonali da Garry a Tummel e nell'eccellente Visitor Centre viene raccontata non solo la storia della battaglia, ma anche la topografia e l'evoluzione paesaggistica della zona.

Per le strade di EdimburgoLa città pullula di fantasmi, tanto che si organizzano visite guidate sull'argomento come il Mercat Walking Tours o il Robin Ghost Tours.
Generalmente, queste passeggiate iniziano proprio dal castello, sulla cui spianata chiamata Castlehill furono bruciate, tra il 1500 e il 1700, almeno 300 persone accusate di stregoneria.
Il castello stesso, naturalmente, ospita una serie di spettri, tra cui un tamburino senza testa che appare sugli spalti.
Tra i fantasmi più illustri della capitale scozzese ricordiamo quello dello scrittore Robert Louis Stevenson, che si manifesta sotto un enorme albero nella casa in cui trascorse la fanciullezza a Colinston.
Il più celebre è quello di Thomas Weir, arso vivo nel 1670 dopo aver "confessato" di essere uno stregone. La sua casa, nel West Bow di Grassimarket, rimase vuota per oltre 150 anni, ma naturalmente il suo spirito senza requie continua ad abitarla: ogni tanto infatti si possono ancora udire i suoi singhiozzi o la sua risata inquietante.

Dunvegan Castle (Isola di Skey)In questo castello, tra gli altri cimeli della famiglia dei MacLeod, cui il castello appartiene da secoli, è conservato il The Fairy Flag, un misterioso e antichissimo stendardo di seta di origine mediorientale, che si dice abbia il potere di salvare il Clan dai pericoli, ma solo per tre volte.
E due sono già state utilizzate.
Molte leggende circondano questo stendardo, ma la più romantica è quella che lo vuole giunto in possesso dei MacLeod grazie all'amore di un capo clan con una fata: questa fata essendosi dovuta separare dal suo amato gli donò la stoffa per lo stendardo.
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IL CASTELLO DI VICALVI


Il castello di Vicalvi, risalente all'XI secolo, si trova sulla sommità del colle interessato dall'omonimo paese della Valle di Comino, in provincia di Frosinone. Benché si presenti come rudere, questo forma con le due cinte murarie poligonali, quasi integre, una vasta area fortificata, che consente di leggerne le varie fasi di costruzione, le funzioni e la strutturazione all'interno di un più ampio sistema difensivo, comprendente anche i vicini manieri di Alvito e Picinisco. Prima possedimento longobardo, con principi di Capua, nel 1017 entrò nel possesso di Montecassino. I monaci lo tennero fino all'inizio del XIII secolo, quando passò alla famiglia d'Aquino, che ne rafforzò la fortificazione, cingendola di un doppio anello di mura. Dopo una breve successione, nel possedimento, fra gli Étendard e, ancora, i conti d'Aquino, il castello passò ai Cantelmo, i quali però, scegliendo come dimora il castello di Alvito, ne decretarono il repentino abbandono e la più lenta e graduale rovina. I resti consentono di testimoniare le prime fasi di fortificazione all'epoca preromana, in particolare al V o al IV secolo a.C., laddove i primi documenti che attestano la presenza del castello sono del 937. A parte diversi successivi ampliamenti, la prima vera ristrutturazione si collocherebbe nel XIV secolo, durante il possesso degli Étendard, in base all'insieme di elementi strutturali orizzontali e verticali richiamanti lo stile gotico, compresa l'originale copertura a falda unica pendente verso l'interno. Il castello di Vicalvi è anche noto alle cronache esoteriche, per le visioni che si sarebbero qui registrate. Secondo le leggende, in effetti, il luogo sarebbe teatro delle apparizioni di una ex-cortigiana di nome Aleandra Maddaloni. Lei avrebbe vissuto nel castello nel XVIII secolo, segnalandosi per aver fatto uccidere i giovani che seduceva, durante le assenze del marito. Questi però, avendola scoperta, la fece murare viva in una delle torri.
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VITRIOLUM

L’acronimo V.I.T.R.I.O.L.U.M., che viene usato nella letteratura alchemica, è formato dall’espressione latina Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam, che significa “Visita l’interno della terra, e rettificando troverai la pietra nascosta che è la vera medicina”. Siamo quindi invitati a discendere nella terra, negli inferi, nell’inconscio. La terra è il simbolo dell’uomo fisico. L’uomo deve prendere coscienza del suo mondo interiore, di chi è, cosa sta facendo, quali sono le sue motivazioni eccetera. Una volta rivolta l’attenzione verso l’interno, si scoprirà un mondo nuovo: gli inferi dell’Ade, il regno oscuro delle ombre e dei mostri. Questa discesa viene anche chiamata regressus ad uterum, “ritorno nell’utero”, un termine che viene spesso usato nei riti d’iniziazione. È un ritorno simbolico a un particolare stato primordiale dell’essere che accomuna ogni uomo nell’inconscio collettivo. Nel profondo dell’uomo, nell’oscurità della sua psiche, risiedono i moventi delle sue azioni. Dunque il regressus ad uterum, il prendere coscienza di questi moventi profondi, è una condizione necessaria per entrare nella zona di morte illuminata dalla luna, e successivamente sperimentare la rinascita. Terra Mater, la Madre Terra, è sempre stata collegata alla nascita, con l’unione tra uomo e donna (conscio e inconscio); unione dalla quale la nuova vita sgorgherà dopo la morte. I popoli primitivi svolgevano le loro iniziazioni al buio o sottoterra, ad esempio nelle grotte. In Egitto, le iniziazioni si svolgevano nelle piramidi o nelle cripte interrate dei templi. In Persia si usavano principalmente nelle grotte, mentre gli indiani d’America avevano apposite capanne. I misteri di Mitra venivano eseguiti in templi costruiti sottoterra. La stessa iniziazione era simboleggiata dalla penetrazione della pancia della Grande Madre, o del corpo di un mostro marino o animale selvatico. Nella mitologia greca, Orfeo discese nell’Ade per cercare Euridice (il simbolo della sua anima perduta). Il Dio hindù Krishna discese negli inferi per cercare i suoi sei fratelli (i sei chakra, essendo Krishna il chakra della corona). Dice una leggenda che, dopo la sua morte, anche Gesù discese nel regno di Satana per salvare l’anima di Adamo (l’uomo puro). Nell’alchimia, l’entrata dell’inconscio è spesso rappresentata dall’entrata delle grotte, da racconti di viaggi negli inferi o strani luoghi lugubri del mondo. Talvolta si trova negli scritti alchemici la rappresentazione del re che si fa il bagno. L’acqua, alchemicamente parlando, rappresenta proprio l’inconscio. Il Re, che è invece la nostra coscienza, vi si immerge proprio per venire a contatto con i suoi contenuti e così portarli alla luce, alla propria coscienza. Un altro modo in cui questo contatto tra coscienza ed inconscio viene rappresentato è il simbolo della “coniunctio” (congiunzione) o “concepito” (concezione) tra il Re e la Regina, che avviene principalmente nell’acqua, in una sorgente o in una fontana. La Regina quindi rappresenta il femminile, l’acqua, l’inconscio. La discesa nell’inconscio non è priva di pericoli. In senso psicologico può ad esempio sfociare nella schizofrenia. Nella mitologia, l’eroe penetra gli inferi per lottare contro mostri e demoni. La Grande Madre gli appare sotto forma di un essere terribile, spesso il Signore della Morte. Per il suo coraggio e la sua audacia, la Grande Madre, Dea della fertilità, gli offre grande conoscenza e grande saggezza. Quando nell’alchimia si lavora con i metalli (così vengono chiamate le passioni e le emozioni dell’uomo), il piombo viene usato come materiale iniziale. Gli alchimisti dicono che nel piombo vi è un demone che può causare la pazzia. Il piombo è sotto il dominio di Saturno, il Dio della malinconia, che causa disturbi e visioni demoniache. Il piombo, il più impuro dei metalli, deve essere trasformato nel metallo puro, l’Oro, simbolo dello Spirito. In generale, il piombo rappresenta le passioni inferiori e più terrene dell’uomo. E’ su di loro che l’alchimista opera, rettificandole (rectificando) e sublimandole sempre più. Cosa significa questo? Ce lo spiega un testo del Taoismo moderno: “Ecco perché Buddha Jou-lai (Tathagata), nella sua grande misericordia, ha rivelato il metodo, il lavoro alchemico del Fuoco, e ha insegnato al popolo a rettificare la propria vera natura e pienezza”. “Rectificando”, al centro dell’acronimo VITRIOLUM, significa “correggere” gli aspetti negativi della propria psiche, purificare le emozioni negative. Serve a drizzare ciò che è cresciuto storto durante la vita. L’alchimista deve purificarsi da tutta la “sporcizia”, da tutte le sue “scorie”. Deve lavare “il corpo” per migliorarlo e perfezionarlo. I metalli devono essere purificati da “elementi esterni impuri e distruttivi”. I metalli in questo caso possono essere interpretati come emozioni. Il Taoismo sottolinea l’importanza della purificazione dalle tendenze egoistiche che separano l’uomo dalla sua natura eterna. Un uomo che si sforza d’ottenere il Tao deve rinunciare alla brama e al desiderio e divenire un bambino che si unisce al Tao. Con questa purificazione, avviene la rinascita. Pertanto un alchimista deve rifuggire le masse e iniziare il processo di meditatio, auto-riflessione, in silenzio. Anche il Buddhismo insegna la purificazione. L’uomo può arrivare alla salvezza separandosi dalle faccende mondane che lo fanno deviare dal suo vero sentiero. Egli vede che la vita terrena di per sé non è soddisfacente. L’uomo è insoddisfatto perché i suoi desideri sono senza limiti. Deve liberarsi dalle catene dei suoi desideri. Entrare nell’inconscio significa anche entrare nell’inconscio collettivo che tutti condividiamo. Nella mitologia greca vi era il Tartaro, nome originariamente usato per indicare gli inferi. Il Tartaro è il mondo psichico nel profondo dell’uomo, dove risiedono tutti gli istinti inferiori, come la brama di uccidere e distruggere, la sete di sangue, la paura, l’odio, la vendetta, il desiderio di potenza eccetera. Non è facile da ammettere a se stessi, ma tutte risiedono in noi. Abbiamo represso tutte le nostre emozioni oscure confinandole nel profondo regno del Tartaro. Questa è l’eredità umana, risalente a tempi antichi. È compito dell’uomo conoscere, sentire ed essere responsabile di tutte le proprie emozioni. Esse non devono essere semplicemente represse, poiché così facendo si otterrebbe l’unico effetto di “comprimerle” in qualche angolino della propria psiche, dal quale potrebbero emergere quando meno ce le aspettiamo. Vanno invece sublimate, cambiate e trasmutate in sentimenti più elevati. La repressione incatena l’uomo proprio agli oggetti che reprime, ma la purificazione li trasmuterà in elementi positivi, portandolo più vicino alla sua vera essenza. Fin quando non intraprenderemo consapevolmente la Grande Opera, dolore e sofferenza disturberanno le nostre vite. Dobbiamo affrontare i mitici mostri nella profondità del nostro inconscio e illuminarli. Essi fanno parte dell’essere umano. Non possiamo scartarli, ma possiamo controllarli, dominarli, imparare da loro, e trasformarli in servitori del Divino. I mostri non sono mostri di per sé. Sono soltanto caratteristiche della natura umana che sono state distorte o che quantomeno non ci sono più utili. Noi possiamo rettificarle ed utilizzarle a nostro vantaggio, per ascendere alla Consapevolezza del Sè. Questo compito non è per l’aspirante iniziato. È soltanto per gli audaci che osano affrontare l’oscurità dell’anima. Il coraggio di molti fallirà, ed essi torneranno a casa. Perciò il pellegrino non intraprende un sentiero facile, perché il mondo del piacere non è più suo. Egli ha scelto il percorso di Arete (Dea della Virtù), che lo porta verso molti pericoli e strade difficili, in solitudine e con fatica, ma infine diverrà immortale. Chi perderà la vita, la otterrà. Se sei davvero deciso a trovare il Tao, puoi farlo anche quando sei in una città e hai una posizione di rilievo in faccende mondane. Questo non è contraddittorio. Il lavoro è semplice e vicino, il segreto è così semplice, che, se fosse rivelato, vi sarebbero risate tutt’intorno.

Fonte: Esopedia
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LA LUNA


Sulle raffigurazioni di capo e coda del drago della Luna:
«Gli antichi raffiguravano anche il capo e la coda del drago della Luna, che aveva l'aspetto di un serpente dalla testa di falco posta tra un cerchio d'aria e uno di fuoco, formanti una figura simile alla «theta» maiuscola dei greci. Lo rappresentavano ogni volta che la testa di Giove occupava il centro del cielo e gli attribuivano un grande influsso sulla possibilità di veder esaudite le proprie richieste; al contempo, ritraendolo come un serpente, intendevano definirne il carattere di demone buono e di buon auspicio. Gli egizi e i fenici collocavano infatti il serpente in cima al regno animale e gli ascrivevano una natura divina, poiché ritenevano che possedesse intelletto e fuoco superiori, come dimostrano il rapido movimento, sia pur in assenza di piedi, mani o altri mezzi, e la capacità di rinnovare spesso la propria pelle e quindi di ringiovanire. Analogamente, essi raffiguravano la coda del drago quando la Luna vi scompariva dietro o quando assumeva una posizione sfavorevole rispetto a Saturno o Marte». 

(Agrippa di Nettesheim, De occulta philosophia, 1510)



Con questo discorso dell' Astronomicum Caesareum di Apian è possibile regolare su una data particolare la posizione del nodo ascendente della Luna. I due punti di incrocio tra l'orbita della Luna e l'eclittica vengono chiamati nodi della Luna o punti del drago. Il nodo ascendente è la testa del drago, quello discendente la coda. Entrambi i punti hanno grande rilievo nel calcolo del calendario, e l'astronomia antica li utilizzava soprattutto per determinare il momento delle eclissi solari e lunari.
Alchimia magica - La Separazione - «Sole» e «Luna »

«Natura gode di sé stessa» e «natura domina sé stessa »: possibilità della «natura» di esser desiderio, abbandono a sé stessa, spontaneità, identificazione di autofruimento - oppure possibilità di dir no a sé stessa, di affermarsi come ciò che reagisce contro sé stesso, che domina e trascende sé stesso, si da far nascere la distinzione fra colui che domina (il « maschile », l'attivo) e colui che è dominato (il «feminile »,il passivo), solo nel quale sussiste l'antica natura caotica – tali sono, sub specie interioritatis, i due poli che con la «separazione» si sciolgono l'un dall'altro. Si può anche dire che nell'« uno il tutto» l'« uno» e il «tutto» ora si costituiscono come due principi distinti. L'« Uno» si determina nel significato di un centro che si manifesta in seno al caos (il «tutto») e vi si afferma come un principio di fissità incorruttibile, di stabilità, di trascendenza. Dal segno O - «la materia prima» - passiamo dunque a 0, che è il geroglifico arcaico del Sole. E ciò che nella materia originaria era possibilità indeterminata, attitudine passiva a qualsiasi qualificazione, cangiamento e trasformazione caotica, diviene un principio distinto, a cui nell'ermetismo corrisponde il simbolo femminile della Lunai.



Sole

Luna



Sole Luna Questa è la dualità ermetica fondamentale. Si può dire che la Serpe, moltiplicandosi, si è opposta a sé stessa, e i simboli principali che esprimevano la «materia prima» - la Donna, il Drago, il Mercurio, le Acque - ora passano ad esprimere soltanto la forza lunare. Disgiunta dal centro, questa forza sarebbe un impulso cieco e un selvaggio precipitarsi, e la sua direzione è verso il basso, è una direzione di «caduta» indicata appunto dal geroglifico alchemico del principio Acqua , sotto tale riguardo identico alla Luna .
Acqua

I Draghi (ed anche i Tori) divengono quelli contro cui eroi solari, come Mithra, Eracle, Giasone, Apollo, Horo e così via nell'interpretazione ermetica del mito lottano, chiamati dagli alchimisti « verdi» e «non digesti» per non aver ancor subita la «maturazione», la dominazione che li trasmuta in un potere d'ordine più alto. Al luogo della Donna Primordiale, della Vergine del Mondo solitaria subentrano coppie, nelle quali si esprime la dualità del principio uranico e di quello tellurico: Cielo e Terra. - «In alto le cose celesti, in basso le terrestri - mediante il maschio e la femmina «l'opera è compiuta». Il Mercurio va «fissato» e «coagulato» - tale è il senso della figura di Flamel, che rappresenta una Serpe crocifissa. Se il Drago è di nuovo figura al centro della «Cittadella dei Filosofi» di Khunrath, si tratta tuttavia di un Drago che deve esser vinto ed ucciso: è quello che divora incessantemente sé stesso, è il Mercurio come sete ardente, come brama, fame, impulso di cieco godimento, e quindi «natura vischiosa », principio di identificazione e di immedesimazione - natura «fascinata» e vinta dalla natura. Tale è, macrocosmicamente, il segreto del mondo sub-lunare dei cangiamenti e del divenire di contro alla regione urania dell' essere, alla stabilità disincarnata delle nature celesti che riflettono il modo della pura virilità spirituale. Trasposto in simboli metallurgici ermetici, il principio Sole corrisponde all'Oro, la sostanza che nessun acido può alterare - e il principio Luna corrisponde all'Argento fluido o Acqua-Argento (antico nome del Mercurio). Sotto un certo aspetto, il primo si può mettere in relazione col color rosso, il secondo con quello bianco, che poi possono riportare a Fuoco e Luce. Il Fuoco è la virtù propria al principio solare - non come quel Fuoco che è brama, ardore di generazione, desiderio, ma come fiamma non urens, principio incorporeo di ogni animazione, La Luce, presa in sé, ha piuttosto relazione col principio femminile e lunare, anche come “sapienza”, la quale di fronte ha la stessa natura della luce che la Luna riflette dal principio solare. Uno speciale simbolo alchèmico equivalente in parte come significato al Sole è l'Arsenico: il cui termine greco vuol dire sia arsenico che maschio, virile. Un altro simbolo ancora, è il Nitro o Salnitro, il cui ideogramma indica il predominio di un principio fallico-virile. Il simbolismo del Nitro (Salitter) è molto usato da Bohme, nel quale esprime il «calore che dà attività alla Luce», la «virtù agente e ribollente» delle potenze divine che, in opposto al Mercurius o Suono (corrispondente al principio Luce), è il principio d'ogni individuazione.
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IL CERCHIO ESTERNO: IL DRAGO OROBORO


Secondo la concezione gnostica degli Ofiti, il serpente cosmico (Leviathan, Ouroboros), inteso come primaria acqua celeste, costituisce il cerchio più esterno e invalicabile del macrocosmo - mediante la sola esperienza sensibile del mondo della Creazione - che separa quest'ultimo dal divino mondo dell'amore e della luce. Anche la Cabala, che ha ereditato molto dalla tradizione gnostica, crede all'esistenza di un velo tra Dio e la Creazione. Jacob Bohme definisce tale velo “acque superiori” [Ober-Wasser], mentre nel mito di Blake l'uomo vive dai giorni del Diluvio universale nel mare del tempo e dello spazio. Gli gnostici consideravano la vita terrena alla stregua di un oscuro esilio. Secondo Paracelso era addirittura il luogo in cui era stato confinato Lucifero, cioè l'inferno stesso. Alla nascita, l'anima di luce scende le scale delle sette sfere e i pianeti, visti come divinità inferiori e demoni (arconti), la appesantiscono, rivestendola del sudicio involucro della materia. AI suo passaggio, ogni pianeta vi imprime una qualità negativa e la intorbidisce: Venere le trasmette la lussuria, Mercurio l'avidità, Marte la collera, Giove la vanità ecc. Dopo la morte, il corpo terreno rimane come larva nel Tartaro, mentre l'anima risale verso la regione dell'aria (Beemoth), con gli arconti che cercano di impedirne il passaggio. A quel punto, è necessaria la conoscenza (gnosi) esatta dei segni e delle parole d'ordine perché si spalanchi la strada verso le sette tappe della purificazione. La settima sfera è la più difficile da superare. Il suo sovrano, Saturno, secondo la dottrina ofitica, è il demiurgo, il «dio maledetto», creatore del tempo e dello spazio. Egli è il serpente di guardia al Paradiso.
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IL QUADRATO MAGICO DEL SATOR


Il quadrato del Sator è una ricorrente iscrizione latina, in forma di quadrato magico, composta dalle cinque seguenti parole: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS. La loro giustapposizione, nell'ordine indicato, dà luogo a un palindromo, vale a dire una frase che rimane identica se letta da sinistra a destra o viceversa. L'iscrizione è stata oggetto di frequenti ritrovamenti archeologici, sia in epigrafi lapidee che in graffiti, ma il senso e il significato simbolico rimangono ancora oscuri, nonostante le numerose ipotesi formulate. Disponendo le parole su una matrice quadrata (vedasi figura), si ottiene una struttura che ricorda quella dei quadrati magici di tipo numerico. Le cinque parole si ripetono se vengono lette da sinistra a destra e da destra a sinistra, oppure dall'alto al basso o dal basso in alto. Al centro del quadrato, la parola TENET forma una croce palindromica. Il curioso quadrato magico è visibile su un numero sorprendentemente vasto di reperti archeologici, sparsi un po' ovunque in Europa. Ne sono stati rinvenuti esempi nelle rovine romane di Cirencester (l'antica Corinium) in Inghilterra, nel castello di Rochemaure (Rhône-Alpes), a Oppède in Vaucluse, a Siena, sulla parete del Duomo cittadino di fronte al Palazzo Arcivescovile, nella Certosa di Trisulti a Collepardo (FR), a Santiago di Compostela in Spagna, ad Altofen in Ungheria, a Riva San Vitale in Svizzera, solo per citarne alcuni. A volte le cinque parole si trovano disposte in forma radiale, come nell'abbazia di Valvisciolo a Sermoneta (Latina), oppure in forma circolare, come nella Collegiata di Sant'Orso di Aosta. Altre chiese medioevali ancora, nelle quali si registra, in Italia, la presenza della frase palindroma (in forma di quadrato magico oppure in forma radiale o circolare) sono: la Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima, la chiesa di San Potito ad Ascoli Satriano (Foggia), la chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano, in provincia dell'Aquila, la Chiesa di San Michele ad Arcè, frazione di Pescantina (Verona), Chiesa di Santa Maria Ester ad Acquavivia Collecroce (CB), ed altri ancora. Gli esemplari più antichi e più celebri sono quello incompleto rinvenuto nel 1925 durante gli scavi di Pompei [sepolta il 24 agosto del 79 d.C.], inciso su una colonna della casa di Publio Paquio Proculo, e quello trovato nel novembre del 1936 su una colonna della Palestra Grande sempre a Pompei. Quest'ultimo ha avuto grande importanza negli studi storici relativi alla frase palindroma poiché esso è completo e arricchito da altri segni interessanti che non si sono trovati altrove e fu certamente inciso prima dell'eruzione del 79 d.C.,. A partire da questi ritrovamenti, il quadrato del Sator viene anche detto latercolo pompeiano. Difficile stabilire il significato letterale della frase composta dalle cinque parole, dal momento che il termine AREPO non è strettamente latino. Alcune congetture su tale parola (nelle Gallie e nei dintorni di Lione esisteva un tipo di carro celtico che era chiamato arepos: si presume allora che la parola sia stata latinizzata in arepus e che nel quadrato essa avrebbe la funzione di un ablativo strumentale, cioè un complemento di mezzo) portano ad una traduzione, di senso oscuro, quale Il seminatore, con il carro, tiene con cura le ruote, della quale si cerca di chiarire il senso intendendo il riferimento al seminatore come richiamo al testo evangelico. Una interpretazione più semplice considera "Arepo" come nome proprio, da cui il significato diviene: Arepo, il seminatore, tiene con maestria l'aratro. La presenza del palindromo in molte chiese medievali induce a considerarlo - per quanto esso possa aver avuto un'origine più antica - un simbolo che si inserisce nella cultura cristiana di quel periodo. Partendo dalla identificazione del Sator, il seminatore, con il Creatore (vedi la Parabola del seminatore e la Parabola del granello di senape), qualche studioso ha proposto la seguente interpretazione: "Il Creatore, l'autore di tutte le cose, mantiene con cura le proprie opere". L'interpretazione del palindromo nell'ambito della cultura cristiana è coerente con la grande quantità di presenze e ritrovamenti in luoghi di culto medievali. Il ritrovamento del "latercolo pompeiano", risalente a data anteriore al 79 d.C., ha sollevato numerose controversie sull’origine cristiana del quadrato in quanto, pur essendo un fatto documentato la presenza di comunità cristiane a Pompei ed Ercolano e in Campania, la A e la O poste ai lati della croce sono un riferimento alla simbologia dell'Alfa e l'Omega la cui prima comparsa è attestata nell'Apocalisse di Giovanni, redatta, secondo qualcuno, in data più tarda. Il primo a ipotizzare la tesi dell'apocalisse fu F. Grosser che osservando con spirito enigmistico l'insieme delle lettere che lo compongono ha rilevato che esse possono servire a comporre una croce, nella quale la parola "PATERNOSTER" si incrocia sulla lettera N: avanzano due A e due O, che possono porsi ai quattro estremi della croce, come fossero l'alfa e l'omega, il principio e la fine. Il quadrato sarebbe dunque una crux dissimulata, un sigillo nascosto in uso tra i primi cristiani ai tempi delle persecuzioni. Questa interpretazione è rafforzata dal fatto che il quadrato magico stesso contiene al suo interno una croce greca dissimulata, costituita dall'incrocio, al centro del quadrato, delle due ricorrenze di TENET, l'unica parola della struttura che è palindroma di sé stessa. Inoltre è stato osservato che lo stesso carattere T era utilizzato dai primi cristiani per indicare la croce, così come usavano altre strutture che ne potevano richiamare la forma, quali l'albero della nave o il timone. Questa interpretazione, per quanto plausibile, non è accettata da tutti gli studiosi, specie da quanti rifiutano l'origine cristiana del palindromo. Una spiegazione più semplice rispetto a quella della crux dissimulata, ma meno plausibile dato che i più antichi di questi quadrati risalgono al I secolo della nostra era, sostiene che, coerentemente con abitudini diffuse nel Medioevo, l'impiego in ambiente cristiano del quadrato del Sator doveva corrispondere a finalità apotropaiche, come avvenne per molte altre iscrizioni suggestive, del tipo "Abracadabra" o "Abraxas". Non sarà stata ininfluente, a questo riguardo, la presenza all'interno del quadrato della croce formata dalla doppia parola TENET. La lettura all'interno del palindromo della parola "PATERNOSTER" come crux dissimulata avviene per via di anagramma. Tale lettura parte dall'attribuzione del quadrato all'ambiente cristiano: essa è stata posta in dubbio da alcuni studiosi, ma è basata su fondamenti storici che risultano ben più solidi rispetto alle tante congetture che si reggono sulla semplice analisi degli anagrammi, anche se, di per sé, non può essere considerata probante. In effetti è ben noto come, a partire da un certo numero di lettere, sia possibile ottenere un gran numero di frasi completamente diverse, anche se non palindrome. Tra i tanti esempi possibili in campo religioso, se ne possono citare alcuni: O PATER, ORES PRO AETATE NOSTRA (O Padre, prega per la nostra età); ORA, OPERARE, OSTENTA TE, PASTOR (Prega, opera e mostrati, o Pastore); RETRO SATANA, TOTO OPERE ASPER (Arretra, Satana, crudele in tutte le tue opere). Non mancano neppure invocazioni diaboliche: SATAN, TER ORO TE, REPARATO OPES! (Satana, ti prego per tre volte, restituiscimi le mie fortune).

Fonte: Wikipedia
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IL DIO BES


Bes è spesso considerato una divinità minore dell'antico Egitto eppure, seppur con nomi differenti, è sempre esistito nell'antica religione egizia. Fin dal periodo arcaico erano venerati diversi demoni nani con il compito di scongiurare le sciagure, che potevano essere rappresentati coperti da pelli di leoni o ne portavano la coda e le orecchie. Bes veniva rappresentato nano, spesso vecchio, con gambe storte e ornato di piume di struzzo.
Questa divinità porta spesso in mano delle "armi" con cui scacciare gli spiriti maligni: il Sa (il nodo della fortuna), un coltello corto o degli strumenti musicali. Era infatti anche associato ai divertimenti ed era patrono delle danzatrici, assisteva le donne durante il parto e vigilava sui neonati. Nel Medio Regno Bes si era affermato in tutto l'Egitto come divinità protettrice dal malocchio e dio della casa, come dio guaritore e protettore del sonno, della fertilità e del matrimonio, ed era raffigurato con le sue smorfie e linguacce su moltissimi oggetti di uso domestico, dai vasi per cosmetici alle testate dei letti. Durante il Nuovo Regno dell'Egitto fino all'eresia di Ecknaton fu rappresentato alato, oppure mentre porta sulle spalle il dio Harmakhis ancora piccolo, o ancora nell'atto di fuoriuscire da un fior di loto. Nel mondo romano si ritrovano sue immagini collegate al culto di Iside.

Fonte: Wikipedia
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MUSICA COSMICA


I filosofi medievali pensavano che il corpo umano, essendo l'uomo creato ad immagine di Dio, fosse una proiezione del cosmo. Essi avevano così stabilito una reciprocità di influssi tra i pianeti allora conosciuti e le corrispondenti parti del corpo umano. Questo principio veniva riassunto nella breve (rase: «come in alto così in basso».  

MUSICA COSMICA CORRISPONDENZA TRA I PIANETI 
E LE VARIE PARTI DEL CORPO UMANO

Una corda di uno strumento musicale, posta in vibrazione, genera un'onda acustica cui corrisponde una frequenza ben definita, cioè una nota. Se nello stesso ambiente si trova un secondo strumento simile al primo, la corda di esso che per lunghezza e tensione corrisponde alla corda vibrante del primo strumento, si metterà anche lei a vibrare per risonanza. Le onde sonore trasmesse dall'aria al secondo strumento faranno risuonare in esso non solo la stessa nota, ma anche le armoniche e le sub-armoniche. Così, se in una stanza vi sono due pianoforti e premiamo il tasto del DO centrale di uno di essi, cui corrisponde la frequenza di 256 vibrazioni al secondo (Hertz), noi sentiremo un suono rinforzato per il fatto che anche la corda del DO centrale del secondo pianoforte sarà entrata in vibrazione per risonanza, purché, abbassando il pedale di destra, siano stati esclusi gli smorzatori. Non solo, ma risuoneranno anche tutti gli altri DO, da quello più basso della 4a ottava inferiore (16 Hz = 256/16) all'acuto di 4096 Hz (= 256 X 16), della 5a ottava superiore. E' come se 17 dita invisibili avessero premuto altrettanti tasti. Gli strumenti musicali sono un esempio di applicazione del principio della risonanza, perché in essi il suono viene rinforzato mediante l'impiego di casse armoniche, capaci di risuonare (per forma e struttura) con diverse frequenze vibratorie, quali sono quelle delle note fondamentali emesse dallo strumento e delle loro armoniche: i due suoni, quello fondamentale e quello emesso dalla cassa armonica, essendo in risonanza, si sommano producendo il rinforzo. Così, il corpo vibrante che entra in risonanza può rinforzare onde la cui frequenza può essere un multiplo o un sottomultiplo della nota  fondamentale. Riassumendo possiamo dire che con la risonanza si ha: 1.trasmissione di energia da un corpo emittente ad uno o più corpi riceventi; 2.questi ultimi risuonano solo se sintonizzati sulla stessa frequenza dell'emittente, o su frequenze multiple e/o sottomultiple (armoniche e subarmoniche); 3.il suono viene rinforzato perché aumenta la sua intensità (ampiezza dell'onda). In virtù dello stesso principio il circuito oscillante di una radio ricevente, sintonizzato sulla stessa frequenza della stazione trasmittente, entra in risonanza con quest'ultima e riceve il segnale trasmesso dalla prima. Ma l'emissione di onde radio riguarda anche i corpi celesti e la radioastronomia ha per oggetto lo studio delle radiazioni elettromagnetiche provenienti dagli spazi cosmici di  lunghezza d'onda compresa tra pochi millimetri (microonde) e circa 20 m (radiofrequenze). Attualmente sono state scoperte parecchie migliaia di radio sorgenti, di cui solo poche centinaia sono visibili. Il Sole emette una radiazione a radiofrequenza indipendente dal ciclo solare, alla quale se ne sovrappone un'altra variabile con periodo di circa 27 giorni, che è il periodo di rotazione del Sole. Anche i pianeti e i satelliti sono centri di emissioni di radioonde. A partire dal 1954, quando fu scoperto che Giove è una potente emittente di onde elettromagnetiche, abbiamo potuto accertare che l'intero nostro sistema solare irradia onde elettromagnetiche. Quindi anche i pianeti, essendo corpi vibranti, possono entrare in risonanza. Nel 1968 l'astronomo sovietico A. M. Molchanov affermò di “avere scoperto nel sistema solare una struttura risonante che comprende tutti i pianeti e le loro lune e satelliti”. Questo vuol dire che i pianeti e le loro lune si comportano come corde vibranti munite di casse armoniche capaci di risuonare tra loro su una nota fondamentale e sulle armoniche di ordine superiore e sulle sub-armoniche (sottomultipli della nota fondamentale), cioè con risonanze sulle ottave superiori e su quelle inferiori. La teoria di Molchanov potrebbe spiegare lo strano comportamento del pianeta Venere il quale compie la sua rotazione in 243 giorni volgendo lo stesso lato verso la Terra quando si trova alla minima distanza dalla Terra e dalla stessa parte del Sole. Dunque, il moto di rotazione dipende dal moto di rivoluzione della Terra e sembra proprio che i due pianeti siano collegati da un rapporto di risonanza. Secondo lo scienziato H. P. Sleeper della Northrop Service Inc. anche la rotazione del Sole può essere interpretata come una risonanza orbitale della Terra. Infatti la rotazione sinodica del Sole di 27,04 giorni è un sottomultiplo quasi esatto di due anni terrestri (730,5/27 = 27,05 ). Strane coincidenze esistono tra i multipli dei periodi planetari. Non si tratta di vere e proprie risonanze ma sono note come « quasi commensurabilità ». Esse sono:
4 periodi orbitali di Mercurio = 1 della Terra
5 periodi orbitali di Mercurio = 2 di Venere
3 periodi orbitali di Venere = 1 di Marte
6 periodi orbitali di Marte = 1 di Giove
5 periodi orbitali di Giove = 2 di Saturno
e così di seguito per Urano, Nettuno e Plutone.
Inoltre si è trovato [Paul D. Jose (1965); H. Prescott Sleeper (1972)] che 46 orbite di Mercurio  corrispondono ad un ciclo di circa 11,1 anni, ciclo che è comune ai pianeti interni: 18 orbite di Venere, 11 orbite della Terra, 6 orbite di Marte. Vediamo quindi che tutti i pianeti interni sono in relazione armonica con il periodo di attività delle macchie solari, che è appunto di 11,1 anni. Ma il Sole possiede un altro periodo significativo, quello della sua rotazione intorno al centro delle masse del sistema solare: 178,7 anni. Ebbene, i pianeti esterni, eccetto Plutone, hanno una relazione armonica con questo periodo del Sole (Jane Blizard). Siamo di fronte a semplici coincidenze oppure queste «quasi commensurabilità» ci rivelano uno stretto legame interplanetario? Lo spazio che ci circonda sta diventando sempre meno «freddo e muto» e siamo sempre più portati a pensare al nostro sistema planetario come ad un organismo vivente, percorso da energie vibranti e costituito da parti collegate da rapporti armonici. La Legge dell'Ottava Secondo un'antica conoscenza gli  eventi procedono in base alla legge del Sette, o legge dell'Ottava. Stando a questa legge, tutto nell'Universo si muove perché riceve un impulso che si propaga per onde in modo discontinuo. Esso infatti non si mantiene costante, ma muta, ad intervalli diseguali, d'intensità e di direzione. Per comprendere bene il significato di questa legge, dobbiamo tenere presente che, secondo questa antica dottrina, tutto l'Universo è pervaso da vibrazioni che si propagano in ogni tipo di materia, dalla più sottile alla più grossolana, e in tutte le direzioni. Possiamo anzi dire che l'Universo stesso consiste in vibrazioni. Si definisce ottava il periodo compreso tra una data frequenza e il doppio, o la metà, di detta frequenza. Esistono due tipi di ottave: discendenti e ascendenti. Tutti i tipi di creazione si sviluppano in ottave discendenti, in cui l'idea originaria si traduce in un progetto dettagliato passando attraverso stadi caratterizzati dalla crescente complessità, varietà, molteplicità, degradazione Le ottave ascendenti costituiscono un riflusso di energia da materia grezza a prodotto raffinato, dall'informe al formato, dal generico al determinato, cosicché la linea di evoluzione si oppone a quella di creazione e si integra con essa. Un'ottava ascendente è compresa tra un certo numero di vibrazioni nell'unità di tempo (frequenza) e il doppio di quel numero. In due punti ben determinati dell'ottava, l'energia che si propaga nello spazio e nel tempo subisce un indebolimento perché in questi due punti diminuisce l'incremento della frequenza. Se in questi punti di crisi non interviene un apporto esterno di energia, l'ottava cambia direzione o cambia natura. E' questo il principio della discontinuità delle vibrazioni. Dopo il primo rallentamento temporaneo, le vibrazioni riprendono ad aumentare (nel caso delle ottave ascendenti) con l'incremento che avevano prima, fino ad un nuovo affievolimento dell' energia. I periodi durante i quali le vibrazioni aumentano in modo costante non sono uguali e i brevi periodi di rallentamento del tasso vibratorio non sono disposti in modo simmetrico entro l'ottava. Questa legge è più evidente nei processi di trasformazione, sia nell'ambito dei fenomeni fisici, sia in quello delle attività umane. Quando un solido, a seguito di somministrazione di calore, passa prima allo stato fuso è poi a quello di vapore, attraversa due fasi durante le quali la temperatura rimane costante. Noi continuiamo sempre a fornire calore, ma durante i due cambiamenti di stato il calore viene utilizzato unicamente per la disgregazione delle molecole, cosicché all'esterno il termometro non segna alcun innalzamento termico. E' il cosiddetto calore latente di fusione e di vaporizzazione. La linea di sviluppo dell'intero processo non è continua ma segue un diagramma a gradini: ai periodi di aumento della temperatura seguono due periodi di stasi. Perché la temperatura possa fare un nuovo balzo è necessario un accumulo di energia. Se questa non viene fornita prontamente nella giusta quantità, il processo si arresta. Un pendolo semplice, scostato dalla posizione verticale, ricade per effetto del suo peso, raggiunge la posizione di equilibrio e, per inerzia, risale. Consumata tutta l'energia acquistata durante la discesa, il pendolo si ferma e inizia il moto di ritorno: si ha così una serie di oscillazioni che le inevitabili resistenze passive vanno a poco a poco smorzando. Sotto l'azione di una forza che varia di intensità e di direzione il pendolo dapprima accelera e poi ritarda fino a fermarsi. Raggiunto il massimo scostamento dalla posizione di equilibrio il moto riprende con la stessa legge, ma in direzione opposta, senza però tornare esattamente nella posizione di partenza: l'oscillazione di ritorno è meno ampia di quella di andata e il grafico che la rappresenta è una figura asimmetrica. Siamo di fronte ad un moto intermittente, nel quale il moto e la quiete si alternano ad intervalli regolari ma non uguali, agli incrementi seguono le diminuzioni, alle salite le discese, allo «sviluppo» segue prima l'arresto poi il regresso. E' lo stesso tipo di moto di cui è animata una corda armonica posta in vibrazione. Se queste vibrazioni sono più di 16 e meno di 20.000 al secondo noi abbiamo la sensazione di suono. Se volessimo ottenere oscillazioni di ampiezza costante dovremmo agire sul pendolo dall'esterno con un impulso, una spinta esercitata al momento giusto, nel punto più appropriato della sua traiettoria. La forza aggiunta deve essere d'intensità e di durata adatte ed in fase col moto. Il pendolo (o una molla) che oscilla e le corde di una chitarra che vibrano sono esempi dello stesso tipo di moto. Ma con la 
stessa legge si generano e si propagano le onde elettromagnetiche, e quindi la luce. Tutti questi fenomeni vibratori hanno in comune quei principi che abbiamo visto a proposito della legge dell'ottava e cioè: il principio della discontinuità delle vibrazioni, della deviazione delle forze e quello dell'inevitabilità dell'alternarsi delle crescite alle decrescite. Lo stesso fenomeno possiamo osservare in ogni campo dell'attività umana, sia nella vita individuale che in quella sociale. Nulla resta al medesimo livello. Noi non siamo sempre in grado di distinguere la salita dalla discesa, né di scorgere ciò che avviene dentro di noi, per un difetto di prospettiva. Nello sviluppo di ogni ottava si verificano delle fluttuazioni periodiche. In ogni manifestazione della nostra vita notiamo che tutto evolve perché muta secondo questa legge cosmica della inevitabilità sia della salita che della discesa. «Vi sono nell'uomo forse centinaia di pendoli in movimento. Queste salite e queste discese, queste fluttuazioni dei nostri umori, dei nostri pensieri, sentimenti, energie, determinazioni, corrispondono sia ai periodi di sviluppo delle forze da un intervallo all'altro, sia agli intervalli stessi» (P.D. Ouspensky «Frammenti di un insegnamento sconosciuto »). Fatta eccezione per pochi casi del tutto accidentali, la linea di sviluppo dell'ottava di solito non è retta. Ne consegue che la nostra azione non è libera in assoluto, pur essendo libera la volontà di azione. La nostra libertà di azione è tanto limitata che resta in noi quasi allo stato potenziale. Il nostro diritto è limitato dal diritto degli altri: La nostra azione “è limitata” e condizionata dalla reazione, dalla opposizione di tutte le «volontà» d'azione di tutti gli esseri che ci circondano. Una pietra che ci fa inciampare e cadere, la spina che ci trattiene, l'automobile che ci travolge allorché attraversiamo la strada, sono esempi di ostacoli che fanno deviare la linea di sviluppo dell'ottava dalla direzione originaria. Effettivamente noi vogliamo sempre compiere un atto, ma non sempre possiamo eseguirlo. Poi c'è la volontà opposta (cieca o cosciente) degli uomini, che non invalida tuttavia il principio-volontà che è in noi. Appena è lanciata nell'ambiente vibratorio che ci circonda e ci stringe da ogni parte, la nostra azione non è immediatamente più libera perché viene ostacolata e deviata dalla resistenza o dalla maggiore o minore conformità di direzione degli atti di tutti gli altri esseri componenti questo complesso ambiente multivibratorio che è la Vita. La legge dell'ottava spiega perché in natura nulla si svolge in linea retta. Nel pensare e nell'agire tutto accade, di solito, in modo diverso da come vorremmo, anzi spesso in modo contrario. Nel punto in cui l'onda rallenta la sua frequenza avviene una deviazione dalla direzione originaria. Le deviazioni si sommano e la linea di sviluppo dell'ottava, ripiegandosi su se stessa, può giungere fino ad invertire il senso di propagazione e a chiudersi in cerchio. Noi avremo la sensazione di avere sempre proseguito nella stessa direzione, in realtà siamo tornati al punto di partenza. Lo slancio iniziale dopo qualche tempo s'indebolisce, interviene un periodo di sfiducia e/o di stanchezza. Poi l'entusiasmo riprende ancora per un po' per poi subire un ulteriore calo in corrispondenza del successivo punto critico. Se qui non interviene tempestivamente uno stimolo addizionale di adeguata intensità, l'ottava abortisce e si può ridurre ad una terna. Tuttavia può accadere di osservare in natura uno sviluppo corretto e costante dell'ottava. Anche nei vari campi dell'attività umana, in qualche caso, è possibile imbattersi in ottave che evolvono liberamente,  senza interruzioni né deviazioni. Questa rara eventualità sarebbe dovuta allo choc aggiuntivo, indotto in una data ottava da altre ottave che con essa si incrocino nei punti di crisi e ne colmano gli intervalli e il deficit di frequenza vibratoria. Questo accidente può prendere il posto di una ferma volontà, di una precisa intenzione e di una attività costante. 

« ... Ma queste linee di sviluppo di forze che sono raddrizzate accidentalmente e che l'uomo può qualche volta vedere, o supporre, o sperare, mantengono in lui, più di ogni altra cosa, l'illusione della "linea retta". In altri termini, crediamo che le linee rette siano la regola e che le linee spezzate e interrotte siano l'eccezione».

ALCHIMIA E MUSICA
Parola del maestro

...il testo che segue è frutto di una riflessione svolta a sostegno degli sforzi che sguardosulmedioevo.blogspot.com compie per far riemergere e attualizzare una dottrina sacra e preziosa. Portare in superficie una verità da sempre nascosta e protetta è un esperimento compatibile con l’era dell’Acquario che abbiamo appena cominciato a vivere. Le parole sono state scelte per essere meditate e nonconsumate inutilmente. L’augurio è che siano utili ad un processo di crescita spirituale e culturale per tutti coloro che avranno la fortuna di approfittare di questa occasione. 
Ci si può chiedere se uno studio esclusivo, esoterico ed enigmatico come quello sull'alchimia abbia un ruolo determinante nelle vicende del mondo. Quali benefici può apportare all'umanità, o cosa può aggiungere al patrimonio delle nostre conoscenze, specialmente quando coloro che vi aderiscono ritengono una virtù mantenere il segreto sui loro studi, da confinare solo alla loro cerchia ristretta? Si potrebbe ribattere che ogni filosofia, ogni movimento religioso o studio esoterico, se è essenzialmente vero e sincero, costituisce una base di appoggio per qualsiasi tentativo umano di progresso. Se la sua struttura è radicata in principi universali, in ciò che talora si designa «la filosofia perenne», allora può davvero investire ogni livello dell'esistenza, dal piano spirituale a quello pratico. Anche se gli insegnamenti più riposti rimangono celati, magari per un certo numero di anni, o addirittura per sempre, sarà comunque inevitabile che prima o poi essi abbiano ad influire sul corso della storia umana. Ciò che è esoterico diventa essoterico; la teoria si trasforma in pratica, l'astratto si muta in concreto. Si può dire che la capacità di una tradizione saggia di portare frutto nella vita quotidiana è tanto importante quanto il grado di illuminazione dei suoi seguaci. Nel caso dell'alchimia, la sua influenza può essere individuata nel campo delle scoperte scientifiche, nella letteratura, nelle arti e nello sviluppo della psicologia moderna. Talvolta questi sviluppi furono determinati dalle stesse persone che erano profondamente immerse nello studio dell'alchimia; in qualche caso si trattò di prestiti dalla struttura e dal linguaggio alchimistico. Certe scoperte, segnatamente in campo scientifico, furono frutto di esperimenti condotti nel corso di procedimenti alchimistici, mentre altre applicazioni dell'alchimia ricevettero nuova linfa e furono, per così dire, create ex novo, dopo che si procedette a rielaborare alcuni principi essenziali estratti dalla filosofia e dal simbolismo alchimistici. In questo capitolo si darà uno sguardo al modo in cui l'alchimia svolse, in contesti diversi, una funzione ispiratrice. In alcuni casi il legame è molto immediato, in altri può essere più speculativo o intrecciato ad altre tradizioni occulte o filosofiche. Non è sempre agevole rintracciare i punti in cui l'alchimia ed altre scienze altrettanto esclusive e segrete valicano la soglia che le separa dal mondo esterno; la scoperta di questi punti può comunque dimostrarsi assai eccitante, perché dà modo di rimettersi in contatto con l'energia originale che li ha ispirati e quindi di ampliare e rivitalizzare la visione che si ha in merito all'argomento in questione. Probabilmente non si azzarda troppo quando si dice che questo è un modo per completare il processo della creazione: l'impulso spirituale si fa strada attraverso la forma della materia, poi viene dimenticato, per essere in seguito riscoperto ad opera di uomini di un'epoca e di un paese differente, e legarsi così nuovamente alla forza creatrice divina (si pensi all'etimologia del termine re-ligo, che significa appunto «legare di nuovo"); in questo modo si viene a creare un nuovo collegamento fra la dimensione temporale e quella dell'eternità. A questo punto può verificarsi un'ulteriore creazione: è il caso, per fare un esempio, della filosofia degli antichi maestri Platone ed Aristotele, la quale, insieme con i testi ermetici, ispirò il Rinascimento europeo, periodo che indica, già nel nome, un concetto di «rinascita". E inevitabile che al suo ingresso nel mondo ordinario la conoscenza può subire un processo di dispersione o addirittura venire minata alla radice da tradizioni spirituali preesistenti. Come vedremo nel prossimo capitolo, Isaac Newton fu un mistico appassionato e un adepto dell'alchimia, purtuttavia le sue scoperte scientifiche sfociarono in una scuola di pensiero che rigettava tutto ciò che non si poteva pesare, misurare e quantificare. Dion Fortune, uno scrittore di scienze occulte associato all'Ordine della Golden Dawn e ad altri ordini esoterici, ha tenuto a precisare, in toni piuttosto oscuri, che le tecniche comunemente impiegate dalle agenzie pubblicitarie un tempo erano note solo agli esperti. In tal caso, si potrebbe ipotizzare che queste tecniche, che probabilmente implicano il potere dell'immaginazione e la forza di suggestione, possono essere state rese popolari e addirittura applicate per scopi estremamente ambigui. Esempi di questo tipo spiegano perché gli alchimisti siano così desiderosi di tenere nascosto il proprio sapere, che altrimenti può correre il rischio di cadere nelle mani sbagliate.

ALCHIMIA E MUSICA BAROCCA

La nostra indagine, sulle orme dell’Alchimia che avanza timidamente alle prime luci del giorno, incomincia con uno sguardo ai rapporti che legano alchimia e musica barocca. Raramente si è pensato di associare questi due temi, mentre esiste in realtà uno stretto legame fra di loro. Il più grande compositore del tempo, Claudio Monteverdi, si dedicò a pratiche alchimistiche, e anche altri famosi compositori dell'epoca si diedero a bussare alle fonti dell'antica saggezza e a incanalarle nella propria opera; gli studi di questo tipo, all'epoca fiorenti soprattutto nell'Italia settentrionale, includevano alchimia, neoplatonismo, astrologia e Kabbalah. La musica barocca, termine con cui questa “nuova musica” divenne nota, apparve negli anni fra il 1570 e il 1610. I suoi effetti furono notevoli, perché in quel breve periodo si ebbe una rivoluzione in campo musicale. Furono create nuove forme di canto solistico e di musica strumentale; la musica e il dramma si fusero in modo davvero completo, e dalla loro unione nacquero l'opera e l'oratorio. La sua innovazione preannunciava un'era musicale che durò per circa due secoli e tra le file dei suoi compositori si annoverano nomi del calibro di Johann Sebastian Bach, Georg Friedrich Haendel, Henry Purcell e Antonio Vivaldi. Molte delle forme e delle cifre stilistiche da essa impiegate sono rimaste ancor oggi nel corrente linguaggio musicale e la stessa musica barocca, naturalmente, vive e prospera ancora sui palchi dei concerti. Questa musica sembra, di fatto, godere oggi, più che in passato, di grande apprezzamento; ciò che incanta in maniera crescente è il suo amore per le forme limpide, graziosamente architettoniche, per la sua chiarezza e per la sua bellezza, che si sposano ad una prorompente vitalità. Quando si incomincia a scavare in profondità per scoprire le connessioni fra l'alchimia e la musica barocca, ci si imbatte in prove di carattere differente. Alcuni legami sono diretti: fra questi si può citare il provato interesse di Claudio Monteverdi per l'alchimia e il suo intento dichiarato di intessere nella sua musica verità filosofiche. Fra le deduzioni che si possono trarre c'è quella che la pratica dell'alchimia era all'epoca diffusa nel Nord Italia e che i gruppi di dotti e di compositori che si adoperavano a creare una nuova forma di musica, possono quasi certamente avere incluso l'alchimia fra i loro studi di metafisica e di mistica. Infine, si può tracciare un parallelo fra la pratica alchimistica e la musica barocca, nella misura in cui entrambe mirano ad una comprensione più ampia del processo creativo che sta alla base del lavoro di composizione. Siamo solo agli inizi di questa affascinante esplorazione e penso che gli anni a venire getteranno sempre maggior luce e daranno un più grande numero di prove delle connessioni che legarono queste due arti. Nei prossimi capitoli porterò esempi di ricerche già condotte sui legami fra l'alchimia e altre scienze ed arti; in questo capitolo presenterò l'area che ho indagato personalmente. Un altro parallelo tra l’Alchimia e la musica barocca riguarda la generazione di coppie conflittuali di opposti. Una delle innovazioni radicali della musica barocca fu l'impiego deliberato di acuti contrasti tonali in successione, per accrescere la tensione e innalzare la drammaticità di un testo. Spesso questi contrasti sono piuttosto violenti e ricorrono in una sequenza musicale molto breve, cosicché, per esempio, nel coro di un pezzo di musica sacra si possono udire le voci congiungersi in pochi accordi dolcemente polifonici, per poi mutare improvvisamente in un passaggio vivace. Per l'epoca questo fu alquanto provocatorio, ma indubbiamente molto stimolante. In alchimia, le prime fasi del processo sono contrassegnate da una scissione violenta della Materia Prima in due parti, che liberano così le polarità dinamiche racchiuse al suo interno. Questa fase è spesso dipinta come una battaglia, un duello fra una coppia di uomini, cani o draghi. Questa energia può successivamente venire utilizzata per attivare la trasformazione alchimistica; per giungere ad una soluzione finale e alla trasformazione, bisogna dunque provocare un conflitto. «Ero consapevole del fatto che sono gli opposti a smuovere in modo potente la nostra mente, e... questo è il traguardo che tutta la buona musica si dovrebbe porre»: così scrisse Monteverdi nel tentativo di descrivere la sua ricerca di una forma musicale adatta a rappresentare la conflittualità, una ricerca a cui «[si] dedicò con non poca diligenza e impegno». Questo ci conduce alla prossima corrispondenza, spostandoci da un concetto base di dualità a quello delle tre forze che possono essere viste come un consolidamento sia della composizione musicale sia del processo alchimistico. In musica esse corrispondono a tre «modi» di espressione; in alchimia esse sono il sale, il mercurio e lo zolfo, ossia corpo, anima e spirito. Questa triade fondamentale non è esclusiva dell'alchimia, ma si ritrova, con nomi diversi, nella Kabbalah, nella filosofia platonica e naturalmente nella dottrina cristiana della Trinità. Lavorare in modo attivo con la triade, però, piuttosto che limitarsi al riconoscimento della sua esistenza, è un accentuazione propria dell'alchimia e questo processo di attività con le tre forze può servirci, a mio parere, a cogliere altri dati per interpretare la musica barocca. Fu Monteverdi ad innovare e stabilire questo principio musicale di una triplice possibilità di espressione: «Ho riflettuto sul fatto che le principali passioni o affezioni della nostra mente sono tre, cioè ira, moderazione e umiltà o supplica; i migliori filosofi sostengono questa veduta e la natura stessa della nostra voce ce lo dimostra con i suoi registri alto, medio e basso. L'arte della musica si riferisce a questi tre termini quando parla di "concitato", "molle" e "temperato". In tutte le opere dei precedenti compositori ho scovato degli esempi dello stile "molle" e "temperato", ma mai di quello "concitato". Monteverdi iniziò pertanto a lavorare alla creazione di un modo che rappresentasse musicalmente la guerra, come si è detto sopra. Fondamentalmente, lo stile da lui elaborato, e denominato «concitato», consiste di note velocemente ripetute centrate su una vibrazione regolare, ma adattata al ritmo e al senso delle parole del canto. È possibile che questa triade in dinamica cooperazione possa essere alla base delle composizioni musicali del tempo molto più di quanto finora non ci si sia resi conto. Monteverdi, data la sua formazione platonica e alchimistica, potrebbe avere considerato questa triplicità non solo come un terzetto di emozioni che richiedono di venire espresse, ma come un modo di descrivere le tre forze fondamentali della creazione in termini umani. Michael Maier, nelle sue fughe alchimistiche, fece proprio questo e ricorse al mito classico di Atlanta, la vergine veloce nella corsa, per personificare il mercurio, lo zolfo e il sale rispettivamente in Atlanta, Ippomene e la mela d'oro. Le tre voci qui si rincorrono in alternanza; le loro parti sono strutturate a simboleggiare l'individualità delle loro nature, mentre le armonie e le progressioni musicali rappresentano i mutamenti che intervengono nei loro reciproci rapporti. Sia la prefazione stessa di Maier alla sua opera, sia l'analisi di chi l'ha edita non lasciano dubbi in merito al fatto che intendesse dipingere un ritratto il più dinamico possibile della triade esistente nell'alchimia, volgendo in musica reale il mercurio filosofico, l'infuocato zolfo e lo statico sale. Fino ad ora si è visto che le tre forze creative dell'alchimia possono essere musicalmente strutturate sia in termini di armonia sia di registri stilistici di espressione. È altresì possibile che siano stati utilizzati per fornire alla musica un modello base funzionale, in cui ogni parte della triplicità riceve a tempo debito rilievo. Se si considerano certe composizioni sotto questa luce, si aprono nuove vie interpretative. Si prenda, ad esempio, il Lamento d'Arianna, scritto nel 1608. Si tratta di un prolungato lamento solistico; era il pezzo culminante di un'opera completa di Monteverdi basata sul mito di Teseo e Arianna, all'epoca ritenuta un capolavoro, ma oggi, purtroppo, completamente perduta. Il lamento è basato su una successione complessa delle emozioni provate da Arianna nel momento in cui viene abbandonata, e al sentimento misto di odio e amore che ella prova per Teseo. Se questo pezzo viene suddiviso in tre sezioni, si scoprirà immediatamente che il registro dominante di ciascuna sezione si accorda alla triplicità di «molle», «concitato» e «moderato». Nella prima sezione Arianna chiede alternativamente di poter morire e che Teseo faccia ritorno da lei; questo è il registro «molle», della supplica, della forza d'amore. Nella seconda, il suo rancore e la sua ira prendono il sopravvento; invoca la tempesta e gli uragani, perché vadano a distruggere Teseo che viaggia alla volta di casa. Qui è proprio lo stile «concitato», sia nel tema che nella traduzione musicale. Infine Arianna entra nello stato di «moderato»; il suo dolore persiste, ma si riconcilia con la dignità della sua sorte, si congeda dai suoi genitori e dalla sua patria. Il suo destino, dice, è quello di una persona che ha troppo amato e che ha concesso troppa fiducia. Se usiamo questa triade per farci guidare nell'ascolto e nella comprensione di questo meraviglioso, difficile e lungo pezzo, avremo una notevole chiave interpretativa, una guida sia per il cantante sia per l'ascoltatore. Questo è anche un modo per strutturare il lamento come una tragedia in miniatura completamente autonoma (all'epoca era, di fatto, considerata tale), che aveva la sua conclusione nel registro moderato, con una specie di risoluzione e riconciliazione finale.  
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I FANTASMI DI VILLA MANZONI

Villa Mazoni, costruita proprio dai nipoti del grande scrittore, ha tutti i tratti di una casa infestata. Anche se oggi è sede dell'ambasciata del Kazakistan, mantiene ancora agli occhi di tanti appassionati di esoterismo, il suo fascino. Secondo gli esperti essa rappresenta una delle Nove Porte degli Inferi, ossia i portali tramite cui le anime dannate raggiungono i vivi. Solamente poche persone hanno osato metterci piede di notte. All'interno della suggestiva costruzione avverrebbero strani eventi: dai poltergeist, a distorsioni di prospettiva, a cantilene e rumori di catene per non parlare delle minacciose scritte di sangue. Proprio per questo motivo è stata la sede di molte sette sataniche che proprio qui compivano terribili sacrifici: gatti sgozzati, cani sviscerati, preghiere blasfeme...Anche la polizia pronta all'arresto dei satanisti, non sono mai entrati in villa aspettandoli direttamente fuori in quanto si dice che la villa è immune a qualsiasi divisa. I lavori di ristrutturazione hanno subito vari rallentamento ufficialmente a causa di ritrovamenti archeologici che come sappiamo rallentano ogni eventuale opera di ricostruzione e /o costruzione, in realtà le motivazioni "ufficiali" sono di tutt'altro tipo. Riportiamo dal sito http://digilander.libero.it/TSCSS/villamanzoni.htm, una testimonianza decisamente interessante...

"Fu una prova di coraggio. Le entrate erano tutte sigillate e l'unico modo per accedere era strisciare attraverso un buco sotto il livello del suolo. Lo spettacolo, appena entrati, ci tolse il fiato: decorazioni neobarocche, finestre in peperino e geometrie irregolari, pareti asimmetriche, prospettive sballate: una meravigliosa mescolanza di stili, tipica del Brasini (l’architetto, anche lui ‘maledetto’, che progettò la villa).Lo stupore però durò poco: appena varcata la soglia il gruppo di amici lesse sul soffitto la scritta "L'occhio vi guarda", in un inchiostro rosso che avrebbe potuto essere sangue. E subito dopo udimmo prima degli scricchiolii, poi come un ululato sommesso, una specie di pianto di bambino. Infine delle vere e proprie urla! Ci voltammo per scappare e un mio amico inciampò su qualcosa che ci sembrò un teschio umano ma che forse erano solo le ossa di un cane. Insomma scappammo via terrorizzati, graffiandoci negli sterpi e facendoci male mentre ci spintonavamo per ripassare di nuovo attraverso il buco".

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