Nel 1819, Goya acquista una casa sulle rive del Manzanarre, la "Quinta del Sordo", dove abiterà, dopo averla restaurata e ingrandita, pare fino al 1823, anno in cui ne farà donazione al nipote Mariano.
Sulle pareti di due grandi sale della parte vecchia, una del pianterreno e una corrispondente del piano superiore, entrambe di circa sei metri per nove, Goya dipingerà a olio l'impressionante ciclo delle "pitture nere ": sette composizioni per piano, larghe quanto gli spazi tra le porte e le finestre (da una settantina di centimetri a quattro metri e mezzo), alte circa un metro e cinquanta, per una superficie complessiva di circa trentaquattro metri quadrati.
La maggior parta delle pitture raffigura scene di stregoneria e di esorcismi, di folli superstizioni e di delirio; è lo stesso mondo dell'irrazionale già liberato nei Capricci (serie di ottanta incisioni realizzate tra il 1792 e il 1799) e che ora, dopo le malattie del pittore e le crisi susseguenti, si riveste qui degli aspetti più ossessivi.
Sulle pareti della sua casa, intorno a sé, Goya costruisce immagini d'incubo, proiezioni dirette e immediate dei più nascosti turbamenti dell'inconscio, con colori incredibili, fatti di bianchi gelidi, di neri spessi come la pece, di ocre sfregiate da pennellate di rosso che sembrano ferite o da gialli intensi che sembrano lampi di luce.
La grande composizione del Sabba, che si trovava al pianterreno, è indubbiamente la più impressionante del ciclo: la riunione delle streghe, presieduta dal demonio sotto forma di capro, è piena di terrore superstizioso e di oscuri presentimenti.
In questa specie di furia pittorica che caratterizza le "pitture nere", e che si trasforma in brani di alta poesia, Goya sembra voler condurre a termine la sua missione di uomo e di artista.
Nessun commento:
Posta un commento